L’autore pubblica Fuori di chiave nel 1912, presso Formiggini, un editore assai noto nella cultura italiana del Novecento per aver realizzato una collana dei “Classici del ridere” nella quale compaiono scrittori italiani ed europei assai cari a Pirandello, come Luigi Pulci, Folengo e Tassoni – rispettivamente poeti comici del Quattrocento, del Cinquecento e del Seicento – e inoltre Laurence Sterne, romanziere irlandese del Settecento, autore de La vita e le opinioni di Tristram Shandy gentiluomo, un libro che costituisce un modello, o meglio, un punto di riferimento per il Pirandello autore di Uno, nessuno e centomila.
Introduzione
La dissonanza di Fuori di chiave
L’autore pubblica Fuori di chiave nel 1912, presso Formiggini, un editore assai noto nella cultura italiana del Novecento per aver realizzato una collana dei “Classici del ridere” nella quale compaiono scrittori italiani ed europei assai cari a Pirandello, come Luigi Pulci, Folengo e Tassoni – rispettivamente poeti comici del Quattrocento, del Cinquecento e del Seicento – e inoltre Laurence Sterne, romanziere irlandese del Settecento, autore de La vita e le opinioni di Tristram Shandy gentiluomo, un libro che costituisce un modello, o meglio, un punto di riferimento per il Pirandello autore di Uno, nessuno e centomila.
Volgiamo ora l’attenzione al titolo della raccolta, Fuori di chiave. Questo titolo deriva dal linguaggio musicale e, come scrive un attento critico, Nino Borsellino, “incorpora componimenti intenzionalmente dissonanti su temi difformi, oscillanti“. Si prenda, per esempio, il primo componimento, Preludio orchestrale. Qui è rappresentato un violino che sta operando “una sua brava sonatina d’amor, con sentimento“, ma a questo strumento si contrappone un contrabbasso con un suo “strano, rauco ammonimento“. Il maestro d’orchestra – che impersonava allegoricamente il poeta – si scusa della “dissonanza” dicendo di non sapere che nella “cava pancia” del contrabbasso si è nascosta una certa dama (signora) molto magra, senza occhi, che si chiama …come si chiama? Il testo non lo dice: ma è presumibile che si tratti della raffigurazione della Morte. Intanto il maestro confessa di stringere invano la bacchetta d’orchestra, ma quella “mala signora” è ormai lei la direttrice d’orchestra. Il maestro s’arrabbia, invita i violini a suonar “piano, piano, piano“. Ma è tutto uno sforzo inutile: la signora rovescia l’uragano delle dissonanze. Quale la conclusione di questo concerto, allora? Nessuna conclusione, se non una infinita dissonanza. Ma quel concerto è la metafora della vita: anche la vita si svolge senza armonia, ed è fatta di infinite dissonanze.
Il repertorio tematico di Fuori di chiave
La vita può svolgersi anche nel contrasto tra ricchezza e povertà: e queste due ultime parole indicano tanto una condizione materiale quanto una condizione spirituale. V’è un componimento di Fuori di chiave il cui titolo è Tesoro, e si fa riferimento alla condizione del poeta passato umoristicamente – cioè attraverso un contrasto – dalla condizione di uomo ricco a quella di uomo povero.
Scrive Pirandello:
Come dunque ridotto mi son qui?
Con la ricchezza mia potea far tanto,
e nulla ho fatto, e son povero intanto.
Il testo si conclude poi in chiave umoristica:
dunque tanta ricchezza m’è servita
per comperarmi questa povertà.
I temi della ricchezza e di una successiva povertà, patita in ragione di uno spreco di sé, si ritroveranno nelle pagine de Il fu Mattia Pascal. Ma anche in Uno, nessuno e centomila ritornerà il tema, in quanto il protagonista cederà tutte le sue ricchezze per trascorrere i suoi giorni in un ospizio di povertà. Nella raccolta poetica Fuori di chiave si racchiude un importante repertorio tematico dell’opera di Pirandello: per esempio i temi del cosmo e dell’universo infiniti, dentro cui vive l’uomo che è un atomo, infinitamente piccolo; le figure dello sdoppiamento della personalità, il tema dello specchio. Basterà offrire qui alcuni esempi. Per il tema dello sdoppiamento gioverà rileggere l’esordio di un componimento intitolato Convegno:
Per le città, nostre o d’oltralpe, in ogni
luogo, ov’ha fatto alcun tempo dimora,
io vedo un altro me, com’ero allora,
il qual lieto s’aggira entro a quei sogni,
che suoi soltanto e non pur miei son ora.
D’altra parte, in un componimento intitolato Il pianeta, affiora l’immaginazione cosmica di Pirandello, la percezione degli spazi infiniti. e in questo spazio il movimento degli astri:
Gira, gira… Nello spazio
tante trottole: Ci scherza Dio
Quindi, il poeta mostra di rivolgersi a un savio antico, legato alla teoria cosmologica dell’antico astronomo Tolomeo che riteneva la terra al centro dell’universo e il sole, insieme con gli altri pianeti, a girare intorno alla Terra:
O savio antico,
teco or più non posso io credere
che la terra l’ombelico
sia del mondo e che s’aggirino
sole ed astri d’attorno
per offrirle uno spettacolo
e far lume notte e giorno.
Gioverà mostrare infine alcune affinità tematiche tra i versi del componimento Il pianeta, riprodotti sopra, e il seguente passaggio testuale de Il fu Mattia Pascal:
Il nostro Comune, in certe notti segnate nel calendario, non fa accendere i lampioni, e spesso – se è nuvolo – ci lascia al buio. Il che vuol dire, in fondo, che noi anche oggi crediamo che la luna non stia per altro nel cielo, che per farci lume di notte, come il sole di giorno, e le stelle per offrirci un magnifico spettacolo.
Come si può rilevare, uguali sono i temi della falsa credenza degli uomini, che ritenendosi al centro dell’universo, pensano che il sole e la luna servano solo a illuminare la terra in cui abitano e che le stelle stiano in cielo per offrire uno spettacolo alla vista degli uomini medesimi. Vale la pena ricordare che accanto al riso umoristico di Pirandello nei confronti delle false credenze, restano alcune pause di canto, che fanno pensare alla rappresentazione che della luna aveva dato Leopardi, un grande poeta italiano dell’Ottocento che per Pirandello costituisce un importante modello.
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