Tesi: Luigi Pirandello e il viaggio di Mattia Pascal – (Con audio lettura)

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Di Mattia Ciaburro

Ne «Il fu Mattia Pascal» il viaggio, o meglio, i viaggi del protagonista rappresentano dei momenti centrali per lo svolgimento del “romanzo nel romanzo”.

Indice Tematiche

il viaggio di Mattia Pascal
Il fu Mattia Pascal di Pirandello, graphic novel di Fabio Delvò pubblicata per Tuttolibri – La Stampa del 6 Luglio 2019 – per la serie Un classico a fumetti. Immagine da delvox.com

Tesi: Luigi Pirandello
e il viaggio di Mattia Pascal

Per gentile concessione dell’Autore. 

Primo capitolo della tesi
Il viaggio nell’esperienza di Mattia Pascal e di autori italiani tra il XIX e il XX secolo.
Facoltà di SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA 
Letteratura italiana a.a. 2019/2020
Università La Sapienza, Roma

Leggi e ascolta. Voce di Giuseppe Tizza. 

Introduzione della  tesi 

Il viaggio, sia reale che letterario, è un tema che da sempre ha ispirato l’uomo e la figura dello scrittore in particolare.

Potremmo fare un percorso lunghissimo a partire dall’Odissea di Omero che narra il tragitto, lungo e pieno di ostacoli, di ritorno in nave da Troia di Ulisse e i suoi uomini. In quest’opera il viaggio è incarnato dal protagonista, Ulisse, eroe ingegnoso e pronto ad affrontare tutte le avversità che gli Dei gli riservano.

Non potremmo poi tralasciare Virgilio, il padre letterario di Enea, che nell’Eneide è costretto a vivere numerose avventure durante la navigazione che da Troia lo portò sulle coste laziali e poi a fondare la città di Roma. Enea rappresenta il tipico eroe romano che grazie al viaggio mette in mostra il suo coraggio.

Durante il Medioevo, con l’affermarsi del Cristianesimo, il viaggio diventa un mezzo per la purificazione e i pellegrinaggi verso i luoghi di culto ne sono un esempio. In questo periodo Dante Alighieri scrive il suo capolavoro, La Divina commedia (1321), che descrive il cammino affrontato dal poeta stesso nei tre regni dell’aldilà.

Della stessa epoca è il Milione (1298), resoconto del viaggio di Marco Polo in Asia, accompagnato dal padre e dallo zio. In questo libro lo scopo del racconto si discosta da quello tipico cristiano, infatti l’autore fornisce minuziose descrizioni di luoghi, persone, culture ed economie semi sconosciute all’epoca. L’opera ha quindi un valore divulgativo oltre che di intrattenimento.

I secoli che vanno dalla fine del XV a metà del XVII sono quelli delle grandi esplorazioni e delle lunghe spedizioni alla scoperta di luoghi remoti. Molti scritti dell’epoca riportano minuziosamente gli usi e i costumi dei popoli indigeni di queste terre, che dagli europei erano considerati primitivi. In questi testi possiamo notare come l’uomo europeo riacquisti valore nel paragone con le grandi menti dell’epoca greco romana, che lo aveva visto sempre come in un rapporto di inferiorità.

Durante il XVIII secolo, poi, con la diffusione del “Grand tour”, ossia l’usanza da parte dei benestanti di intraprendere un viaggio per fini culturali che quasi sempre prevedeva come meta molte città italiane, viaggiare, anche in mondi fantastici, diventa fonte di conoscenza e di arricchimento interiore, come in I viaggi di Gulliver (1726) di J. Swift.

L’ultima tappa di questo nostro itinerario ci porta infine in Italia, durante la metà del XIX secolo. Andremo infatti ad analizzare degli autori italiani, soffermandoci su alcune loro opere in particolare nelle quali il viaggio rappresenta un tema fondamentale.

Luigi Pirandello e il viaggio di Mattia Pascal

Il primo autore che prenderò in esame è Luigi Pirandello e in particolare il suo celebre romanzo Il fu Mattia Pascal.

Il motivo di questa mia scelta risiede nel fatto che in quest’opera il viaggio, o meglio, i viaggi del protagonista rappresentano dei momenti centrali per lo svolgimento del “romanzo nel romanzo”.

Pirandello, nato nel 1867, come molti suoi colleghi illustri dell’epoca in Sicilia, a Girgenti (adesso Agrigento), fu lui stesso protagonista di innumerevoli viaggi, inizialmente per motivi di studio a Roma e in Germania, a Bonn; poi fino alla vecchiaia girò il mondo seguendo le rappresentazioni teatrali delle sue opere. Morì a Roma nel 1936, due anni dopo aver ricevuto il premio Nobel per la letteratura.

Nel 1904, già trasferitosi da qualche anno a Roma con la moglie malata, pubblicò il suo terzo romanzo, Il fu Mattia Pascal. Quest’opera racchiude molte delle tematiche care all’autore: dalla figura dell’antieroe (ma non antagonista) inetto e a tratti comico, allo sdoppiamento dell’identità nella ricerca di un equilibrio tra vita e forma, dall’importanza del caso e della fortuna, all’umorismo (tema poi ripreso nel saggio del 1908 L’umorismo).

Il romanzo inizia, se così si può dire, dalla fine, infatti il protagonista Mattia Pascal si trova nella Biblioteca dove, con il custode e amico Don Eligio Pellegrinotto, è intento a scrivere il racconto delle “sue vite”, un racconto “assai strano e diverso; tanto diverso e strano che mi faccio a narrarlo”. [1]

[1] Luigi Pirandello, Cap. I de Il fu Mattia Pascal, 1904.

Capiamo subito che siamo di fronte a un romanzo nel romanzo e vedremo poi come l’autore, in alcuni momenti, compia uno sdoppiamento anche nelle parti riflessive, alternando i ragionamenti di Mattia al tempo della storia e quelli posteriori agli episodi raccontati.

Mattia è il secondo figlio di una famiglia economicamente agiata. Dopo la morte del padre, avvenuta quando lui aveva solo 4 anni, Mattia e il fratello Berto rimangono con la madre, una figura a cui rimarrà sempre molto vicino e la cui morte sarà una delle cause della fuga.

Dopo vari eventi Mattia sposa Romilda, la nipote di Batta Malagna che è l’amministratore dei beni di famiglia, ma che in verità la sta portando alla rovina. Questo matrimonio obbligato è dovuto alla gravidanza di lei ma tra i due non c’è un sentimento d’amore. Le due gemelle che nasceranno moriranno entrambe, una pochi giorni dopo il parto mentre l’altra quando stava per compiere un anno e a poche ore di distanza perirà anche la madre di Mattia.

Quindi gli eventi che determinano la scelta di Mattia Pascal di allontanarsi da casa sono, oltre al motivo dei debiti che accompagna il protagonista fin dall’inizio del romanzo, la morte della madre, le cinquecento lire lasciate da Berto per il pagamento del funerale che poi non verranno impegnate in tal senso perché il funerale era già stato pagato dalla zia Scolastica e la morte delle due gemelle.

È in questo momento che il protagonista inizia a pensare nella sua testa a una fuga, un allontanamento, un viaggio. Qui inizia il processo che è anche “la morte” di Mattia Pascal.

“Per una risoluzione quasi improvvisa, ero fuggito dal paese, a piedi, con le cinquecento lire di Berto in tasca. Avevo pensato, via facendo, di recarmi a Marsiglia, dalla stazione ferroviaria del paese vicino, a cui m’ero diretto: giunto a Marsiglia, mi sarei imbarcato, magari con un biglietto di terza classe, per l’America, così alla ventura”. [2]

[2] Luigi Pirandello, Cap. VI de Il fu Mattia Pascal, 1904.

Questo viaggio che Mattia intraprende lo porta prima a Nizza, poi, a più riprese per giocare, a Montecarlo. È essenziale, per comprendere il romanzo, capire cosa accade con l’intervento del caso e della fortuna all’interno della vita di Mattia Pascal. Il caso lo porta ad andarsene di casa, la fortuna lo bacia con la vincita di quasi centomila lire al casinò che prosegue per nove giorni. Questa “bolla” in cui Mattia si trova mentre gioca al casinò viene bruscamente interrotta dal suicidio di un giocatore. Lì scatta qualcosa che spinge Mattia ad allontanarsi e a smettere di giocare.

Arriviamo ora al cap. VII intitolato “Cambio treno”. Il cambio del treno diventa anche un’occasione per una nuova vita. L’elemento cardine in questo capitolo in cui succedono svariate cose è soprattutto il viaggio in treno per ritornare a casa, quindi per tornare presso Miragno, un viaggio in cui Mattia ripensa al suicidio del giovane. Poi, non riuscendo a dormire, compra un giornale e casualmente scopre la notizia di un altro suicidio di un uomo che viveva appunto a Miragno. Quest’uomo verrà identificato come Mattia Pascal. C’è, quindi, la scoperta, ancora per caso, di questa scritta “suicidio” in grassetto e l’improvvisa consapevolezza che acquisisce a mano a mano Mattia di essere stato identificato dalla moglie come morto.

Nel capitolo VIII avviene la trasformazione da Mattia Pascal ad Adriano Meis. Come per la scoperta del suicidio dell’uomo di Miragno, anche in questo caso tutto avviene durante un viaggio in treno:

“Il nome mi fu quasi offerto in treno, partito da poche ore da Alenga per Torino.”  [3]

 Nella sua nuova condizione Adriano sperimenta una gioia mai provata, una libertà infinita che lo porta a viaggiare in Italia e in Germania:

“Solo! solo! solo! padrone di me! senza dover dar conto di nulla a nessuno! Ecco, potevo andare dove mi piaceva: a Venezia? a Venezia! a Firenze? a Firenze!; e quella mia felicità mi seguiva dovunque.”  [3]

[3] Luigi Pirandello, Cap. VIII de Il fu Mattia Pascal, 1904.

Nel capitolo IX il viaggio di Adriano Meis continua a Milano, dove trascorre il secondo inverno della sua seconda vita. Inizia però a essere stanco di questo vagabondare e medita di stabilirsi in uno dei luoghi visitati:

“M’ero spassato abbastanza, correndo di qua e di là: Adriano Meis aveva avuto in quell’anno la sua giovinezza spensierata; ora bisognava che diventasse uomo, si raccogliesse in sé, si formasse un abito di vita quieto e modesto.”  [4]

Già in questo capitolo possiamo notare i primi tormenti interiori del personaggio. Dal momento che questa libertà comincia a stancarlo, ad Adriano sorgono i primi problemi. Non può neanche fare amicizie, come nel caso del Cavaliere Tito Lenzi, perché questa sua vita sospesa, priva di fondamenta e d’identità non gli permette di stringere legami.

“Ahimè, che io, condannato inevitabilmente a mentire dalla mia condizione, non avrei potuto avere mai più un amico, un vero amico. E dunque, né casa, né amici… Amicizia vuol dire confidenza; e come avrei potuto io confidare a qualcuno il segreto di quella mia vita senza nome e senza passato, sorta come un fungo dal suicidio di Mattia Pascal? Io potevo aver solamente relazioni superficiali, permettermi solo co’ miei simili un breve scambio di parole aliene.”  [4]

[4] Luigi Pirandello, Cap. IX de Il fu Mattia Pascal, 1904.

Il capitolo X si apre con Adriano a Roma, deciso a prendere dimora in questa città:

“Scelsi allora Roma, prima di tutto perché mi piacque sopra ogni altra città, e poi perché mi parve più adatta a ospitar con indifferenza, tra tanti forestieri, un forestiere come me. La scelta della casa, cioè d’una cameretta decente in qualche via tranquilla, presso una famiglia discreta, mi costò molta fatica. Finalmente la trovai in via Ripetta, alla vista del fiume.”  [5]

[5] Luigi Pirandello , Cap. X de Il fu Mattia Pascal, 1904.

Prenderà alloggio in una camera in affitto all’interno di un appartamento dove già abitava una famiglia composta dal sig. Anselmo Paleari, la figlia Adriana e il genero Terenzio Papiano.

Adriano si fermerà a Roma per qualche mese e qui approfondirà la conoscenza con il sig. Paleari, uno strano uomo affascinato dal mondo dell’aldilà e dedito, insieme al genero e a un’altra ospite della casa la signorina Silvia Caporale, alle sedute spiritiche. Nascerà poi l’amore tra Adriano e Adriana, sigillato da un bacio durante il buio di una seduta spiritica, un amore che però non potrà esistere.

Da questo momento assistiamo a una presa di coscienza sempre maggiore da parte del nostro personaggio del fatto che è impossibile vivere una vita senza identità, senza radici, come un fantasma, una non vita insomma. A peggiorare questo precario equilibrio accadono due fatti: gli vengono rubati dei soldi nella sua camera da Papiano ma l’impossibilità di denunciarlo finisce per creare frizioni con Adriana e poi, dopo aver avuto una lite con il pittore spagnolo Bernaldez in casa del Marchese Giglio, il non poter chiedere un testimone ufficiale per un duello (all’epoca ancore le questioni d’onore potevano essere risolte con il duello).

Adriano prende quindi l’estrema decisione di riprendersi la sua vecchia vita nella sua Miragno e allora inscena un suicidio lasciando su un ponte sul Tevere un bigliettino nel suo cappello con su scritto il solo nome Adriano Meis.

Arriviamo al cap. XVII “Resurrezione”, dal titolo appunto emblematico, che è il capitolo dell’ultimo viaggio di Mattia, quello del ritorno a Miragno, passando prima per Pisa poi per Oneglia, vicino a Imperia, dal fratello Berto.

“Frattanto, non potendo correre a Miragno, o almeno a Oneglia, mi toccava a rimanere in una bella condizione, dentro una specie di parentesi di due, di tre giorni e fors’anche più: morto di là, a Miragno, come Mattia Pascal; morto di qua, a Roma, come Adriano Meis. Non sapendo che fare, sperando di distrarmi un po’ da tante costernazioni, portai questi due morti a spasso per Pisa..”  [6]

[6] Luigi Pirandello , Cap XVII de Il fu Mattia Pascal, 1904.

Mattia si trova quindi in questo viaggio in sospensione. Non può ancora tornare a Miragno perché è troppo fresca la morte di Adriano Meis e ha paura di essere scoperto. Quindi erra e va prima a Pisa e poi a Oneglia dal fratello.

Il romanzo termina con il ritorno di Mattia a Miragno dove trova la moglie Romilda che nel frattempo si è risposata con il suo vecchio amico Pomino da cui ha avuto un figlio e soprattutto i suoi compaesani che neanche lo riconoscono. Trascorrerà le sue giornate nella chiesetta di Santa Maria Liberatrice in mezzo ai libri a scrivere la sua storia.

La struttura circolare che caratterizza questo romanzo, con l’allontanamento di Mattia, la sua morte e la trasformazione in Adriano per poi ritrovarsi nel finale al punto di partenza, anzi, in una condizione anche peggiore, la ritroviamo anche in alcune sue novelle.

Ne è un esempio La maestrina Boccarmè, una novella edita per la prima volta nel 1899 sul Marzocco con il titolo Salvazione, ma ripresa e modificata più volte fino alla versione finale del 1924 pubblicata in Novelle per un anno.

È la storia di questa maestrina fuggita in un paesino del mezzogiorno dalla sua città a causa dell’umiliazione subita da un uomo che l’aveva sedotta e abbandonata. Ce lo spiega la stessa voce narrante nell’apertura:

“Come, passando per un giardino e allungando distrattamente una mano, si bruca un tenero virgulto e se ne sparpagliano in aria le poche foglioline, l’unico fiore; così, passando attraverso la vita di Mirina Boccarmè, allora nel suo fiore, un uomo ne aveva fatto scempio per un vano capriccio momentaneo. Fuggita dalla città, se n’era andata in un paesello di mare del Mezzogiorno a far la maestrina.”  [7]

A distanza di anni un incontro inaspettato con una sua ex compagna di collegio, la Signora Valpieri, che si scoprirà essere la cugina ed ex amante dello stesso uomo, la farà tornare con il ricordo a quei giorni di estrema sofferenza che erano stati però per lei gli unici in cui si era sentita viva. Così, dopo aver saputo che quest’uomo si trova ora in grosse difficoltà economiche, decide di inviargli tutti i risparmi messi da parte per la vecchiaia, chiudendo il cerchio che la riporta nella situazione iniziale:

“…e che gli mandava quel denaro perché lei non avrebbe saputo che farsene, prima di tutto, e poi perché le era caro far rivivere così in sé, per sé sola, il ricordo – non di lui, non di lui! – ma di tutto il male e di tutto il bene che le era venuto un giorno da lui. Così, ecco. Era la verità.  [7]

 [7] Luigi Pirandello, La maestrina Boccarmè – Novelle per un anno, 1922

Attività didattiche

 Vorrei qui proporre una serie di attività didattiche multidisciplinari che potrebbero essere raccolte in un’UDA.

Il nucleo centrale di tutto il percorso è “Il viaggio di Mattia Pascal” e la classe a cui è destinato è una quinta primaria.

ITALIANO: per questa disciplina ho pensato di lavorare con la metodologia dello storyboard. L’insegnante leggerà dalla LIM un estratto del V capitolo del romanzo di circa tre pagine, comprendenti due scene: quella in cui le vecchie domestiche della madre di Mattia vengono a farle visita in casa della vedova Pescatore e quella della lite tra la zia Scolastica e la vedova Pescatore con la partecipazione di Mattia.

“Un giorno, però, non feci a tempo. La tempesta, finalmente, era scoppiata, e per un futilissimo pretesto: per una visita delle due vecchie serve alla mamma…

…— Le gambe! le gambe! — gridavo alla vedova Pescatore per terra. — Non mi mostrate le gambe, per carità!”

Terminata la lettura l’insegnante dividerà le/gli alunne/i in quattro gruppi da quattro persone e consegnerà a ognuno di questi una fotocopia con il testo appena letto. Ogni gruppo dovrà prima fare una divisione in sequenze del testo e poi rappresentare ogni sequenza con un disegno accompagnato da fumetti e/o didascalie. L’insieme di tutti i fumetti può essere animato con un software di semplice reperibilità e utilizzo (ad esempio Storyboard That), utili sia per lo sviluppo della competenza digitale ma anche per il maggior coinvolgimento emotivo delle/i bambine/i.

MATEMATICA: prendendo spunto dal gioco della roulette con cui Mattia Pascal crea la sua fortuna si potrebbero dedicare alcune lezioni all’argomento probabilità.

Come suggerito dalle Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012 nella sezione “Relazioni, dati e previsioni” – obiettivi d’apprendimento al termine della classe quinta:

  • Rappresentare relazioni e dati e, in situazioni significative, utilizzare le rappresentazioni per ricavare informazioni, formulare giudizi e prendere decisioni.
  • Usare le nozioni di frequenza, di moda e di media aritmetica, se adeguata alla tipologia dei dati a disposizione.
  • In situazioni concrete, di una coppia di eventi intuire e cominciare ad argomentare qual è il più probabile, dando una prima quantificazione nei casi più semplici, oppure riconoscere se si tratta di eventi ugualmente probabili. **

** Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, 2012

Inizierei proponendo alla classe un gioco con i dadi: si lanciano due dadi e ogni volta si sommano i numeri ottenuti. Per vincere scommettendo sulla somma, conviene puntare sul pari o sul dispari, oppure è indifferente? Perché?

Da questo semplice gioco/indovinello è possibile aprire la strada ad approfondimenti sempre più complessi, guidati dalle domande delle/gli alunne/i. Si potrebbe infatti passare a giochi con le palline rosse e nere proponendo alle/i bambine/i di provare loro stessi a pescare e a creare poi dei grafici e tabelle per la rappresentazione dei dati.

Da questi giochi bisognerà, attraverso domande stimolo, estrarre delle regole generali che possano valere non solo per le palline, ma anche in situazioni quotidiane.

STORIA: per questa disciplina trovo curioso e divertente fare una ricerca sul treno, mezzo di trasporto inventato pochi decenni prima della scrittura del Mattia Pascal e usato dallo stesso per i suoi viaggi. Il lavoro di ricerca può essere svolto in gruppi di 3/4 persone, assegnando a ogni gruppo la tematica da approfondire (storia del mezzo, struttura, curiosità, etc.). È necessaria l’aula informatica dove le/gli alunne/i possono accedere ai contenuti in rete e creare, magari, un power point per la rappresentazione e la dimostrazione del lavoro svolto.

GEOGRAFIA: in questo caso potremmo fornire alla classe degli estratti del romanzo originale dove vengono elencate le località in cui Mattia Pascal soggiorna. Da queste parti selezionate potremmo far ricreare agli alunni, su una carta geografica, il percorso fatto dal protagonista nell’intera storia. Poi, dividendo la classe in gruppi di 3/4 persone, potremmo assegnare una città tra quelle elencate ad ogni gruppo e far svolgere una ricerca sulla storia, le attrazioni, la gastronomia tradizionale, il dialetto, etc. Come per l’attività di storia per la valutazione del lavoro svolto si potrebbe usare power point o un qualunque altro software di rappresentazione grafica.

Mattia Ciaburro

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