«Il figlio cambiato», analisi della novella di Luigi Pirandello (Con audio lettura)

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Di Riccardo Mainetti.

Essa, una mattina scopre che il proprio bambino, bello e biondo come Gesù Bambino, così come lo si può ammirare nei dipinti ritraenti la natività, in braccio alla Vergine Maria, è scomparso, preso, appunto, dalle “Donne”, le quali, in cambio, un cambio ben misero a dire il vero, le hanno lasciato un bimbetto tanto brutto che la povera madre si rifiuta, sulle prime, di toccarlo e persino di guardarlo.

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Il figlio cambiato. Analisi

«Il figlio cambiato», analisi della novella

Per gentile concessione dell’Autore.

IL FIGLIO DELLE “DONNE”

Leggi e ascolta. Voce di Giuseppe Tizza. 

Un’antica leggenda narra la storia delle “Donne”. Costoro sono delle streghe le quali, nottetempo, si divertono a giocare dei tiri alle madri con figli piccoli.

Alle volte, semplicemente, si limitano a prendere i bambini dalla culla depositandoli poi sul pavimento o su di una sedia.

Nei casi in cui le “Donne” decidono, però, di calcare la mano, per così dire, prendono il bambino in questione e se lo portano via, sostituendolo con un altro.

È questo ciò che accade alla signora Sara Longo, protagonista della novella “Il figlio cambiato” di Pirandello.

Essa, una mattina scopre che il proprio bambino, bello e biondo come Gesù Bambino, così come lo si può ammirare nei dipinti ritraenti la natività, in braccio alla Vergine Maria, è scomparso, preso, appunto, dalle “Donne”, le quali, in cambio, un cambio ben misero a dire il vero, le hanno lasciato un bimbetto tanto brutto che la povera madre si rifiuta, sulle prime, di toccarlo e persino di guardarlo.

L’avversione della signora Sara Longo nei confronti del bimbo cambiato raggiunge un punto tale di rifiuto che a occuparsi di nutrire la povera creaturina devono pensare alcune donne del paese.

Secondo la voce narrante della novella tutta quella storia delle “Donne” è totalmente campata in aria.

Secondo lui il figlio piccolo della signora Sara Longo dev’essere morto durante la notte a causa di un attacco, “un insulto” per dirla con le parole usate da Pirandello, di paralisi infantile.

Vista e considerata la situazione  e la certezza incrollabile della sventurata madre (e non solo) circa il fatto che di un dispetto delle “Donne” debba trattarsi, il narratore rinuncia al tentativo di metter bocca nella questione.

Anche perché rimarrebbe aperto l’interrogativo riguardante il bimbo nuovo: come è stato che è giunto a casa della signora Sara Longo nottetempo?

Chiusa questa piccola parentesi torniamo alla novella.

La signora Sara Longo finisce con il decidersi a ricorrere ai servigi di Vanna Scoma, Zia Vanna com’era conosciuta in paese, donna che in paese si diceva essere in oscuri e misteriosi commerci con le “Donne”, allo scopo di chiederle un consiglio circa il da farsi.

Zia Vanna conferma alla povera che, sì, il cambio del bambino è stata opera delle “Donne”, che sta bene e che, per poter star certa che continui a star bene, lei avrebbe dovuto prendersi amorevolmente cura del bambino nuovo che le era stato lasciato.

Qualche tempo dopo il marito della signora Sara Longo torna a casa con la propria goletta da Tunisi.

Trovati la moglie “smagrita e quasi insensata” e il figlio “pelle e ossa”, pur sospettando, come già il narratore in precedenza, che il proprio figlio fosse morto e che quella creaturina altri non fosse che un trovatello che la moglie era andata a prendere all’ospizio, allo scopo di sostituire il figlio morto, accetta, senza ulteriori investigazioni, la spiegazione della moglie che lei e il bambino erano stati malati e quelle erano le conseguenze della malattia patita.

Alla nuova partenza del marito “marinajo, oggi qua domani là”, la signora Sara Longo malata vi cade per davvero e in seguito scopre di essere nuovamente incinta.

Mentre il marito si trova nuovamente in navigazione scrive una lettera alla moglie dicendole che i suoi compagni gli avevano raccontato la storia delle “Donne, una storia nota a tutti (meno che a lui).

In seguito alla nascita del secondo figlio, bello e paffuto com’era stato il primo, la signora Sara Longo, comincia a rivolgere al “figlio delle Donne”, come il bambino cambiato aveva cominciato ad essere chiamato dalle donne del paese, di tanto in tanto, qualche fugace occhiata pietosa, occhiata puntualmente seguita dall’immancabile esclamazione:

“Che croce!”

Ogni tanto alla signora Sara Longo capitava ancora di versare qualche lacrima al pensiero di figliolo scambiato; figlio del quale aveva preso a ricevere buone nuove da Vanna Scoma, la quale ora arrivava, pur se i suoi servigi non fossero più richiesti, di sua sponte, nella speranza di riuscire a scroccare qualcosa.

Pubblicata inizialmente sulla rivista “La riviera ligure” nell’aprile 1902, lo stesso anno della pubblicazione del romanzo “Il turno”, con il titolo “Le nonne”, la novella è stata in seguito pubblicata il 5 agosto 1923 sul Corriere della Sera con il titolo “Il figlio cambiato”, titolo definitivo che manterrà anche quando entrerà a far parte dell’ottava raccolta di “Novelle per un anno”, intitolata “Dal naso al cielo”, pubblicata nel 1925 presso la Bemporad di Firenze.

Il tema del figlio cambiato era tutt’altro che estraneo a Luigi Pirandello il quale si sentiva egli stesso vittima di un tale scambio, prova ne è il fatto che quando Andrea Camilleri scrisse la propria biografia di Luigi Pirandello scelse di intitolarla, proprio “Biografia del figlio cambiato”.

Riccardo Mainetti
19 ottobre 2023

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