Pirandello e l’umorismo – (Con audio)

Di Biagio Lauritano

L’umorismo non ha solo una veste soggettiva come ai tempi di Pirandello (veste soggettiva poiché egli aveva aderito al “fascismo delle forme”), ma anche oggettiva, come ai tempi di Dante, poiché esso permette all’uomo di attribuire un significato positivo alla propria vita in ossequio al dogma cristiano.

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Pirandello e l umorismo

Pirandello e l’umorismo

Una brevissima riflessione sul saggio di Luigi Pirandello

Per gentile concessione dell’Autore.

Audiolettura di Alessandro Diotaiuti

Nel suo saggio sull’umorismo Pirandello distingue l’avvertimento del contrario che provoca riso di fronte ad una situazione comico-paradossale dal sentimento del contrario che induce alla riflessione metacognitiva nella stessa situazione. Una concezione nuova quindi del sentire che chiama in causa il nostro istinto connesso all’agire comune nella società. Ma quest’atteggiamento umorista riflette in pieno un background culturale vecchio di parecchi secoli di storia della letteratura.

Dico semplicemente che, nel caso di Pirandello, realtà e finzione si incontrano confondendosi l’una con l’altra, ma mi chiedo: per esempio, nel caso di S. Francesco d’Assisi succede la stessa cosa? Dipende dai punti di vista da cui si riflette sul significato della vita di S. Francesco. Il Cantico delle creature è realtà o finzione? Ovvero si può ammettere una lettura in chiave umoristica dell’opera? Ebbene sì. In tal caso viene chiamata in causa la capacità introspettiva del lettore di connettere il significato dell’opera francescana con il proprio personale credo; in questo modo egli non da una lettura anacronistica del Cantico delle creature, ma riflettendo sulla propria vita, fornisce ad essa un significato che lo spinge ad accettare le novità che gli vengono dall’esperienza, il tutto all’insegna dell’umorismo che, come abbiamo visto, induce il lettore alla riflessione metacognitiva. In altre parole l’umorismo pirandelliano è anche un proiettarsi nel futuro superando la “fenomenologia delle forme”.

Allo stesso modo nella Divina Commedia non si può dare solo una lettura fenomenico-determinista dell’aldilà, ma bisogna soffermarsi, volta per volta, sulle situazioni e sui personaggi che Dante incontra per capire se il suo viaggio andrà a buon fine. Anche in questo caso una sottesa vena umoristica del sommo poeta rende il lettore partecipe dei suoi sentimenti facendogli così presagire la visione di Dio. Quindi l’umorismo non ha solo una veste soggettiva come ai tempi di Pirandello (veste soggettiva poiché egli aveva aderito al “fascismo delle forme”), ma anche oggettiva, come ai tempi di Dante, poiché esso permette all’uomo di attribuire un significato positivo alla propria vita in ossequio al dogma cristiano.

Sempre l’umorismo permette a Petrarca di prendere coscienza della schiavitù della carne e del peccato per superare la dimensione formale del proprio amore intellettuale per la sola Laura  arrivando così a permeare tutta la realtà descritta del proprio io, attraverso quindi una lettura onnicomprensiva dei luoghi e delle emozioni come accade non solo nel Canzoniere, ma anche nei Trionfi alla fine dei quali il poeta si ricongiunge finalmente a Dio nonostante dopo numerosi ripensamenti e travaglioso peregrinare.

Nel Decamerone di Boccaccio l’umorismo acquista ancora una volta una connotazione oggettiva poiché i personaggi delle novelle agiscono facendo affidamento sulla propria capacità di liberarsi dalla “tirannia medievale delle forme” per concepire una società all’insegna di una sensibilità e di un libero arbitrio nuovi. E potrei continuare ancora per molto… in conclusione affermo che umorismo è libertà.

Biagio Lauritano
Ricevuto via mail il 5 marzo 2022

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