Quando la letteratura salvò Pirandello (con Audio)

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Di Jo­shua Ni­co­lo­si

1903: la miniera di famiglia va perduta a cau­sa di un in­ci­den­te. La consorte dello scrit­to­re ac­cu­sa un crol­lo nervoso da cui non si ri­pren­de­rà più. Po­ver­tà e so­li­tu­di­ne sem­bra­no ave­re la me­glio nel­la sua vita. 

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Pirandello salvato dalla letteratura
Ugo Fleres: Ritratto di Maria Antonietta Portolano. Immagine dal Web.

Quan­do la let­te­ra­tu­ra sal­vò Pi­ran­del­lo:

la ma­lat­tia del­la moglie e “Il fu Mat­tia Pa­scal”

da Sicilian Post

Leggi e ascolta. Voce di Giuseppe Tizza

Nel­la scrit­tu­ra, nel­l’at­to di tra­spor­re un pen­sie­ro dal­l’im­ma­gi­na­zio­ne alla car­ta, è fre­quen­te che un mec­ca­ni­smo ma­gi­co, a trat­ti in­spie­ga­bi­le, ven­ga in aiu­to del­l’au­to­re. Si­mi­le ad una vera e pro­pria con­fes­sio­ne, l’o­pe­ra let­te­ra­ria – a prescindere dal suo es­se­re più o meno au­to­bio­gra­fi­ca – reca con sé un’i­ne­li­mi­na­bi­le dose di espe­rien­za per­so­na­le. Può ca­pi­ta­re che l’autore ci si tuf­fi a ca­po­fit­to, che i suoi per­so­nag­gi con­di­vi­da­no con lui i suoi dram­mi e le sue in­cer­tez­ze, sen­za che que­sto rispecchiamento sia vo­lu­to o cer­ca­to di pro­po­si­to. La scrit­tu­ra è una vera e pro­pria te­ra­pia del­l’a­ni­ma, un’oc­ca­sio­ne per met­ter­si di fron­te a ciò che ci con­su­ma, per af­fron­tar­lo, per tra­sfor­mar­lo in spin­ta pro­pul­si­va ver­so la ri­na­sci­ta.

Que­sto genere di di­na­mi­ca è ben pre­sen­te ad ogni au­to­re che si ri­spet­ti, ma a qual­cu­no più in par­ti­co­la­re. Lui­gi Pi­ran­del­lo, in­fat­ti, si tro­vò di­nan­zi ad un bi­vio de­ci­si­vo per la sua car­rie­ra e per la sua vita: la­sciar­si an­da­re alla disperazione del momento, inabissarsi nel­le sab­bie mo­bi­li del­le dif­fi­col­tà, o tro­va­re una stra­da che nes­su­no avreb­be con­si­de­ra­to pos­si­bi­le. Scel­se la se­con­da.

Sia­mo nel 1903: la con­sor­te del ge­nio agri­gen­ti­no, la ric­ca Ma­ria An­to­niet­ta Por­tu­la­no, ac­cu­sa un re­pen­ti­no e irreversibile crol­lo ner­vo­so. Già in­sta­bi­le da qual­che tem­po – i due si era­no tra­sfe­ri­ti a Roma e la don­na ave­va sof­fer­to l’inedito di­stac­co dal suo mon­do di af­fet­ti si­ci­lia­ni – il col­po di gra­zia giun­se ine­so­ra­bi­le a scon­vol­ge­re la loro vita coniugale. La cau­sa? Un gra­ve al­la­ga­men­to alla mi­nie­ra di zol­fo di pro­prie­tà del pa­dre di lei, prin­ci­pa­le e co­spi­cua fon­te di sostentamento economico. Non solo l’in­ci­den­te li ri­dus­se sul la­stri­co, co­strin­gen­do lo scrit­to­re a svol­ge­re più man­sio­ni in con­tem­po­ra­nea per garantire alla fa­mi­glia una mi­ni­ma so­glia di so­ste­ni­bi­li­tà, ma san­cì per Pi­ran­del­lo una tap­pa sofferta e de­ci­si­va del­la sua vita.

Da ma­ri­to af­fet­tuo­so, si ri­fiu­tò, in­fat­ti, per lun­go tem­po di se­pa­rar­si dal­la sof­fe­ren­te compagna, ac­cu­den­do­la sotto ogni aspet­to fino al 1919, anno in cui fu ine­vi­ta­bi­le il suo ri­co­ve­ro in una strut­tu­ra specializzata. Ma in que­ste tri­sti vicissitudini, Pi­ran­del­lo non fu solo: a far­gli com­pa­gnia, fin dal­le pri­me not­ti suc­ces­si­ve al ma­ni­fe­star­si del­la ma­lat­tia del­la mo­glie, durante le ac­co­ra­te e in­ter­mi­na­bi­li ve­glie not­tur­ne, nac­que il per­so­nag­gio che ga­ran­ti­rà al no­stro scrit­to­re il suo pri­mo, vero suc­ces­so: Mat­tia Pa­scal.

Il ro­man­zo ven­ne pub­bli­ca­to l’an­no dopo, nel 1904, e al di là del suo in­di­scus­so e notevole valore in­trin­se­co il suo ve­ni­re alla luce si­gni­fi­cò ben più che un ri­scat­to economico. Nel com­por­re quel­le pa­gi­ne, per ammissione del­lo stes­so Pi­ran­del­lo, quel­l’im­men­so do­lo­re andò attenuandosi, la pre­oc­cu­pa­zio­ne per un fu­tu­ro in­cer­to fu accompagnata dal­l’im­pe­gno del pre­sen­te, la so­li­tu­di­ne si tramutò in flo­ri­do dia­lo­go con se stes­so, come se da­gli abis­si del suo cuo­re fos­se sta­to ca­pa­ce di trar­re in sal­vo quei fram­men­ti di ge­nio an­co­ra pul­san­ti e luc­ci­can­ti.

Per­ché c’è tut­to Pi­ran­del­lo in quel ro­man­zo così spiaz­zan­te che è Il fu Mat­tia Pa­scal: c’è nel­l’op­pres­sio­ne del pro­ta­go­ni­sta al­l’in­ter­no del suo nu­cleo fa­mi­lia­re, c’è nel­la scis­sio­ne di un’i­den­ti­tà che bra­ma la sua ri­com­po­si­zio­ne, c’è nel di­spe­ra­to ten­ta­ti­vo di sbar­ca­re il lu­na­rio e ri­co­min­cia­re da zero. E c’è nel ri­tor­no fi­na­le com­piu­to da Mat­tia, tan­to in­fe­li­ce quan­to carico di una nuo­va e più ma­tu­ra con­sa­pe­vo­lez­za del­la vita. Sa­reb­be ec­ces­si­vo ad­de­bi­ta­re al ro­man­zo un in­di­riz­zo esclusivamente fon­da­to sul vero vis­su­to del suo au­to­re, così come ci fa­reb­be spin­ge­re trop­po in là so­ste­ne­re – come pure è sta­to fat­to – che l’in­te­res­se per il fun­zio­na­men­to del­la psi­che uma­na de­ri­vi da­gli anni pas­sa­ti al ca­pez­za­le del­la mo­glie; ma è in­dub­bio che que­ste sol­le­ci­ta­zio­ni sia­no sta­te fon­da­men­ta­li per la riu­sci­ta del­l’o­pe­ra.

Nel­la crea­zio­ne del­la fin­zio­ne, nel suo in­trec­cio con la real­tà, l’au­to­re son­da­va le sue stes­se scel­te, sop­pe­sa­va de­si­de­ri e pos­si­bi­li­tà, si infondeva co­rag­gio e cer­ca­va ri­spo­ste sod­di­sfa­cen­ti, spec­chian­do­si in quel per­so­nag­gio che, come lui, si met­te­va in discussione fin nei suoi radicamenti più pro­fon­di. Gui­da­to dal fle­bi­le lu­mi­ci­no del­le not­ti an­sio­se ac­can­to alla mo­glie, Pirandello non ri­fug­gì dal­la vita e dai suoi cru­de­li di­spet­ti: la af­fron­tò, ar­ma­to di pen­na e fan­ta­sia. Per que­sto Il fu Mat­tia Pa­scal non fu sol­tan­to un successo eco­no­mi­co, ma, di più, una svol­ta esi­sten­zia­le. Pro­ba­bil­men­te la ri­spo­sta che in quelle not­ti di­spe­ra­ta­men­te cercava. La con­fer­ma che la let­te­ra­tu­ra può sal­va­re. An­che quan­do si cade in un poz­zo senza fon­do. Del re­sto, come amava dire: «La vita o si scri­ve o si vive, io non l’ho mai vis­su­ta se non scri­ven­do­la».

Jo­shua Ni­co­lo­si

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