Con la consueta ironia lo scrittore palermitano ripercorre il viaggio che le ceneri del premio Nobel dovettero affrontare prima di trovare definitiva sepoltura nella natia Agrigento. La più paradossale delle avventure, anzi, la più pirandelliana, doveva capitare a Pirandello proprio dopo morto, a dimostrazione che “…in Sicilia il rapporto con la morte non si esaurisce nella tragedia. Parte, semmai, dalla tragedia per arrivare alla commedia. E viceversa, eventualmente.
Roberto Alajmo
Le ceneri di Pirandello
Illustrazioni di Mimmo Paladino
Drago Edizioni – 2008 – pp. 48
Prezzo di copertina, Euro 9,00
Ci fu un tempo che Halloween esisteva solo al di là dell’Oceano e nelle puntate speciali dei vari telefilm che succhiavamo dal tubo catodico di mivar panciuti: la celebrazione della notte dei morti, delle streghe e degli spiddi la piazzavano in tutte le serie, da Alf alla robottina Vicky, passando per i Robinson, i Jefferson, i Cunningham e gli happy days di tutte le altre famigliole della tv. Oggi invece questa macabra versione di Carnevale s’è prepotentemente imposta e ha spodestato le anime dei morti. Qui in Sicilia arrivavano la notte tra il primo e il due novembre a portare doni, leccornie e i pupi di zucchero, paladini e principesse glassate che rinsaldavano memorie rinfrescando le anime dei familiari che s’erano già congedati dalla vita e dal mondo. Erano i morti a cibare i vivi, che la vita senza la morte manco ci sarebbe, come ben sanno i Messicani che si danno un gran da fare a render omaggio a lei, alla Pelona, la Donna con la Falce. Con identico rispetto per l’altromondo sgranocchiavamo mustuazzuola invece di ossa e cruzzitedda, castagne secche, che guardate bene non possono che apparire troppo simili a teschietti. Il giorno dei morti serviva a render docili i picciriddi che, stringendo dolciumi e giocattoli, andavano felici a ringraziare nonni, bisnonni, prozii al cimitero comunale.
Una festa in mezzo all’odore dei crisantemi marci e della cera dei lumini. Proprio al rapporto tra siciliani e morte è dedicato “Le ceneri di Pirandello”, l’ultimo libro di Roberto Alajmo pubblicato dalle edizioni Drago.
da Wikipedia
«Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. Agli amici, ai nemici preghiera non che di parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno. Né annunzi né partecipazioni. Morto, non mi si vesta. Mi s’avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso. Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti, né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi. E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui.»
In queste poche righe scritte su un comune foglietto Luigi Pirandello esprimeva il desiderio che le sue ceneri fossero disperse senza cerimonie ma presagiva anche che forse questo non si potesse fare, quasi presagendo le travagliate vicende che avrebbero attraversato le sue onoranze funebri.
Pochi giorni dopo la sua morte le volontà espresse nel testamento furono rispettate alla lettera meno quella riguardante lo spargimento delle ceneri che, per un malinteso senso di rispetto nei confronti del grande letterato premio Nobel, furono tumulate al cimitero del Verano in Roma.
Nel 1947 il sindaco democristiano di Agrigento chiese che le ceneri di Pirandello fossero riportate nella sua città d’elezione. Il presidente del consiglio Alcide De Gasperi riuscì ad ottenere un aereo militare americano per il trasporto delle ceneri che furono messe in un vaso greco del V secolo a.C. imballato in una cassa di legno che fu affidata all’esperto letterato pirandelliano professore Gaspare Ambrosini.
All’atto della partenza alcuni viaggiatori siciliani, data la difficoltà dei trasporti causata dalla guerra da poco finita, chiesero un passaggio per la Sicilia che fu loro concesso ma, saputo del particolare carico dell’aereo, preferirono superstiziosamente di non sfidare la malasorte e rinunciare al viaggio. I piloti americani incuriositi del comportamento di quei viaggiatori, venuti a conoscenza di cosa conteneva la cassa, anche loro rifiutarono di partire.
Ambrosini dovette così affrontare un lungo e disagevole viaggio in treno durante il quale la cassa si perse sino a quando non fu ritrovata presso alcuni viaggiatori che la stavano utilizzando come un tavolino per giocare a carte.
Giunte finalmente le ceneri di Pirandello ad Agrigento, il vescovo della città si rifiutava di benedirle a meno che non fossero trasferite da quel pagano vaso greco e messe in una regolare bara cristiana che però al momento era disponibile solo nel formato e nel colore bianco usato per i bambini defunti. Nella bara però la cassa con il vaso delle ceneri non entrava. Si tolse allora il vaso che fu sistemato nella piccola cassa e i funerali poterono celebrarsi con una grande cerimonia.
In attesa della costruzione del monumento funebre la cassa fu sistemata nella casa natale di Pirandello.
Il monumento fu pronto solo quindici anni dopo, nel 1962 quando, alla presenza di personalità come Leonardo Sciascia e Salvatore Quasimodo le ceneri furono trasferite in un cilindro metallico che fu inserito all’interno del monumento. Ci fu una qualche difficoltà a mettere le ceneri nel cilindro perché dopo ventisei anni si erano calcificate e si dovettero scalpellare per polverizzarle di nuovo. Il cilindro però era troppo piccolo per contenere tutte le ceneri, così quelle che avanzarono andarono finalmente disperse come desiderava Pirandello.
Si arriva così all’ultimo atto di questa commedia funebre pirandelliana: nel 1994 nel vaso greco riportato nel museo di Agrigento si rinvenne una piccola quantità rimasta delle ceneri che si ebbe l’idea di sottoporre all’esame del DNA. Dall’analisi risultò che le ceneri, oltre quelle di Pirandello, appartenevano a corpi diversi, e quelle, per la cremazione avvenuta in comune, ora riposavano mescolate alle sue.
Roberto Alajmo è nato a Palermo nel 1959 e a Palermo continua a vivere. Fra i suoi libri: Almanacco siciliano delle morti presunte (edizioni della Battaglia, 1996), Le scarpe di Polifemo (Feltrinelli, 1998), e Notizia del disastro (Garzanti, 2001), col quale ha vinto il premio Mondello. Con Mondadori nel 2003 ha pubblicato il romanzo Cuore di Madre, finalista ai premi Strega e Campiello. Nel 2004 è uscito Nuovo repertorio dei pazzi della città di Palermo e nel 2005 il romanzo È stato il figlio, finalista al premio Viareggio e vincitore del SuperVittorini e SuperComisso. Con Laterza, ha pubblicato i saggi Palermo è una cipolla e 1982. Memorie di un giovane vecchio.Per il teatro: Repertorio dei pazzi della città di Palermo, Centro divagazioni notturne e il libretto dell’opera Ellis Island, per le musiche di Giovanni Sollima. Il suo ultimo romanzo, pubblicato da Mondadori nel 2008 si intitola La mossa del matto affogato. Suoi lavori sono stati tradotti in inglese, francese, tedesco, spagnolo e olandese.
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