Di Antonio Piromalli.
Pirandello inizia la sua attività muovendo da moduli veristi, paesani, dialettali ma per deformare grottescamente, nelle novelle, nelle prime commedie e nei primi romanzi, la realtà oggettiva del naturalismo. La sostanza tragico-esistenziale gli si svela a cominciare da quell’ultimo decennio dell’Ottocento in cui cadono gli ideali patriottici e scientifici della borghesia.
da Storia della Letteratura.IT

La coscienza della crisi dell’uomo è avvertita tragicamente da Luigi Pirandello (1867-1936). Nato presso Girgenti (oggi Agrigento), dopo avere studiato a Roma ed essersi laureato a Bonn, insegnò lingua italiana all’Istituto superiore di Magistero a Roma. Tra gli avvenimenti importanti della sua vita sono da ricordare il contrasto col padre, la frana che distrusse la miniera di zolfo in cui erano impiegati i capitali del padre e la dote della moglie Maria Portolano, la malattia mentale della moglie, l’attività di romanziere e, soprattutto, quella di scrittore di teatro che lo fa entrare nel dibattito mondiale, l’adesione al fascismo (1924), la direzione del teatro d’arte di Roma e la conoscenza dell’attrice Marta Abba (1925), la nomina ad accademico d’Italia (1929) e il premio Nobel per la letteratura (1934).
Pirandello inizia la sua attività muovendo da moduli veristi, paesani, dialettali ma per deformare grottescamente, nelle novelle, nelle prime commedie e nei primi romanzi, la realtà oggettiva del naturalismo. La sostanza tragico-esistenziale gli si svela a cominciare da quell’ultimo decennio dell’Ottocento in cui cadono gli ideali patriottici e scientifici della borghesia. Nel 1893 scriveva:
Ci sentiamo come smarriti, anzi perduti in un cieco, immenso labirinto, circondato tutt’intorno da un mistero impenetrabile […] Nessuno più riesce a stabilirsi un punto di vista fermo e incrollabile […] A me la coscienza moderna dà l’immagine d’un sogno angoscioso attraversato da rapide larve or tristi or minacciose, d’una battaglia notturna, d’una mischia disperata.
In una pagina epistolare familiare esprime la consapevolezza della crisi scrivendo che quando si osserva la vita come «un’enorme pupazzata, senza nesso, senza spiegazione mai
» si rimane «un viandante senza casa, un uccello senza nido
», si sopravvive («Un concetto positivo e scientifico della vita, mi fa vivere come gli altri vermi
»). Non c’è in Pirandello l’individualismo eroico di Michelstaedter nutrito di cultura mitteleuropea ma si presenta già da ora fino alla morte (dalla quale intende bandire il cerimoniale delle convenzioni:
Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi. E il mio corpo, appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me)
la trama ideologica e psicologica dei temi che sostanziano i suoi irrazionalismo, soggettivismo, relativismo: dissidio tra Vita fluida e rovente e Forma in cui la Vita entra irrigidendosi e cristallizzandosi, morendo (amore di vitalismo, lotta all’organizzazione civile, sociale, politica, al socialismo, all’accademismo, ai generi letterari, alla consistenza in modelli: scrittore «senza latino
» fu detto Pirandello), pluralità e relatività del punto di vista, impossibilità di consistere nell’unità e nell’idealità («Ogni unità è nelle relazioni degli elementi tra di loro;
il che significa che, variando anche minimamente le relazioni, varia per forza l’unità»), vittoria della necessità sociale istituzionale sugli sforzi dell’individuo («Vuoi ribellarti? non puoi.
nel mio cervello si fa un vuoto nero, orribile, raccapricciante, come il misterioso fondo del mare popolato da mostruosi pensieri che guizzano, passando minacciosi», scrive in una lettera) Pirandello partecipa delle avanguardie europee che rifiutano l’ottimismo e negano le convenzioni.
Anche la classe sociale è negata come forma che spegne la vita, lo stesso socialismo è un inganno che non può non mistificare la vita perché con l’illusione del progresso allontana l’uomo dalla conoscenza della condizione esistenziale del divenire e del non potere comunicare. Lo scrittore andò sempre alla ricerca sperimentale di nuovi modi di espressione dissolvitori del naturalismo ma anche dei modi comuni di pensare sicché spesso parve cerebrale e paradossale.
sentimento del contrario». Croce cerca la liberazione estetica nell’armonia lirica, Pirandello tende a rappresentare la problematica delle opposizioni, delle contraddizioni, a calare il momento critico della riflessione nell’arte perché non trionfi il falso squilibrio dei sentimenti ma scoppino l’illogicità, la tragicità.
pura bellezza» di D’Annunzio, la «
bella morte» di Fogazzaro, le «
anime belle» vengono spazzate via da Pirandello che nel denudare le illusioni vi porta la riflessione sul modo in cui funziona il congegno degli inganni. Croce dell’Estetica, Croce filosofo (che per Michelstaedter aveva la «
sciagurata abilità di eliminare sempre da ogni questione quella che appunto è la questione») è per Pirandello incapace di «
abbracciare tutto il complesso fenomeno artistico», la riflessione come potenza creatrice, come «
specchio di acqua diaccia» in cui si tuffa «
la fiaccola del sentimento […] e il friggere dell’acqua è il riso che suscita l’umorista»: l’opera d’arte non può nascere che «dal contrasto tra il caldo del sentimento e il freddo. della riflessione».
L’ordine? La coerenza? Ma se noi abbiamo dentro quattro, cinque anime in lotta fra loro…?»). Arte, quindi, non come estetica ma come espressione di tragico riso, di umanità dolorosa, di coscienza grottesca, di amarezza che rivela il fondo della nostra vera vita.
io», il contrasto tra il flusso vitale e il tentativo di fissarlo in forme stabili e determinate.
forza», datore del beneficio di non illudersi di raggiungere il riscatto attraverso la rivoluzione sociale. Il tiranno fascista è, per Pirandello, in quanto non dà libertà (sempre fissa) antitetico al tiranno sociale (che dà illusione): nessuna libertà è per l’uomo. Era la conseguenza dell’esasperazione dell’assoluto esistenziale come condanna per l’uomo senza possibilità di riscatto.
miti», La nuova colonia, Lazzaro, I giganti della montagna. Le grandi espressioni tragiche, grottesche di Pirandello sono espresse in una lingua omologa, antiformalista, non toscana, non austera, tesa a fissare le contraddizioni attraverso le interiezioni che sembrano fare la mimica dei gesti, delle smorfie ma anche sottolineare il lacerante sentimento di pena che lo scrittore prova per le certezze deluse dei suoi personaggi.
grottesco» fondato sul contrasto tra apparenza e realtà e che è rappresentato da Luigi Chiarelli (1884-1947) di Trani, autore di La maschera e il volto (1916; celebre commedia in cui un uomo accusatosi di avere ucciso la moglie che lo ha tradito è assolto per l’arringa veemente dell’amante della donna; la moglie ritorna a casa quando si celebrano i funerali di altra donna identificata per lei; ma il marito è perseguitato dal magistrato come simulatore di reato e deve espatriare con la moglie) e da Pier Maria Rosso di San Secondo (1887-1956) di Caltanissetta, autore di Marionette, che passione (1918), Lazzarina tra i coltelli (1923), Una cosa di carne (1924).
Antonio Piromalli
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