
Adattamento e messa in voce di Gaetano Marino.
Prima pubblicazione: Il Marzocco, 29 settembre 1901, col titolo Strigi.
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Dopo aver vagato a lungo per il quartiere addormentato dei Prati di Castello, rasentando i muri delle caserme, sfuggendo istintivamente il lume dei lampioni sotto gli alberi dei lunghissimi viali, pervenuto alla fine sul Lungotevere dei Melimi, Diego Bronner montò, stanco, sul parapetto dell’argine deserto e vi si pose a sedere, volto verso il fiume, con le gambe penzoloni nel vuoto.
Non un lume acceso nelle case di fronte, della Passeggiata di Ripetta, avvolte nell’ombra e stagliate nere nel chiaror lieve e ampio che, di là da esse, la città diffondeva nella notte. Immobili, le foglie degli alberi del viale, lungo l’argine. Solo, nel gran silenzio, s’udiva un lontanissimo zirlio di grilli e – sotto – il cupo borbogliare delle acque nere del fiume, in cui, con un tremolio continuo, serpentino, si riflettevano i lumi dell’argine opposto.
Correva per il cielo una trama fitta d’infinite nuvolette lievi, basse, cineree, come se fossero chiamate in fretta di là, di là, verso levante, a un misterioso convegno, e pareva che la luna, dall’alto, le passasse in rassegna.
Il Bronner stette un pezzo col volto in su a contemplar quella fuga, che animava con così misteriosa vivacità il silenzio luminoso di quella notte di luna. A un tratto udì un rumor di passi sul vicino ponte Margherita e si volse a guardare.
Il rumore dei passi cessò.
Forse qualcuno, come lui, s’era messo a contemplare quelle nuvolette e la luna che le passava in rassegna, o il fiume con quei tremuli riflessi dei lumi nell’acqua nera fluente.
Trasse un lungo sospiro e tornò a guardare in cielo, un po’ infastidito della presenza di quell’ignoto, che gli turbava il triste piacere di sentirsi solo. Ma egli, qua, era nell’ombra degli alberi: pensò che colui, dunque, non avrebbe potuto scorgerlo; e quasi per accertarsene, si voltò di nuovo a guardare.
Presso un fanale imbasato sul parapetto del ponte scorse un uomo in ombra. Non comprese dapprima che cosa colui stesse a far lì, silenziosamente. Gli vide posare come un involto su la cimasa, a pie del fanale. – Involto? No: era il cappello. E ora? che! Possibile? Ora scavalcava il parapetto. Possibile?
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