

Adattamento e messa in voce di Gaetano Marino.
Prima pubblicazione: Quand’ero matto, Streglio, Torino 1902/1903; forse già composta nel 1894.
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No, no, come rassegnarmi? E perché? Se avessi qualche dovere verso altri, forse sì. Ma non ne ho! E allora perché?
Stammi a sentire. Tu non puoi darmi torto. Nessuno, ragionando così in astratto, può darmi torto. Quello che sento io, senti anche tu, e sentono tutti.
Perché avete tanta paura di svegliarvi la notte? Perché per voi la forza alle ragioni della vita viene dalla luce del giorno. Dalle illusioni della luce.
Il bujo, il silenzio, vi atterriscono. E accendete la candela. Ma vi par triste, eh? triste quella luce di candela. Perché non è quella la luce che ci vuole per voi. Il sole! il sole! Chiedete angosciosamente il sole, voialtri! Perché le illusioni non sorgono più spontanee con una luce artificiale, procacciata da voi stessi con mano tremante.
Come la mano, trema tutta la vostra realtà. Vi si scopre fittizia e inconsistente. Artificiale come quella luce di candela. E tutti i vostri sensi vigilano tesi con ispasimo, nella paura che sotto a questa realtà, di cui scoprite la vana inconsistenza, un’altra realtà non vi si riveli, oscura, orribile: la vera. Un alito… che cos’è? Che cos’è questo scricchiolio?
E, sospesi nell’orrore di quell’ignota attesa, tra brividi e sudorini, ecco davanti a voi in quella luce vedete nella camera muoversi con aspetto e andatura spettrale le vostre illusioni del giorno. Guardatele bene; hanno le vostre stesse occhiaje enfiate e acquose, e la giallezza della vostra insonnia, e anche i vostri dolori artritici. Sì, il rodio sordo dei tofi alle giunture delle dita.
E che vista, che vista assumono gli oggetti della camera! Sono come sospesi anch’essi in una immobilità attonita, che v’inquieta.
Dormivate con essi lì attorno.
Ma essi non dormono. Stanno lì, così di giorno, come di notte.
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