

Legge Lorenzo Pieri.
Prima pubblicazione: Corriere della Sera, 6 giugno 1910.
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La tartana, che padron Nino Mo dal nome della prima moglie aveva chiamata «Filippa», entrava nel piccolo molo di Porto Empedocle tra il fiammeggiar d’uno di quei magnifici tramonti del Mediterraneo che fanno tremolare e palpitare l’infinita distesa delle acque come in un delirio di luci e di colori. Razzano i vetri delle case variopinte; brilla la marna dell’altipiano a cui il grosso borgo è addossato; risplende come oro lo zolfo accatastato su la lunga spiaggia; e solo contrasta l’ombra dell’antico castello a mare, quadrato e fosco, in capo al molo.
Virando per imboccare la via tra le due scogliere che, quasi braccia protettrici, chiudono in mezzo il piccolo Molo Vecchio, sede della capitaneria, la ciurma s’era accorta che tutta la banchina, dal castello alla bianca torretta del faro, era gremita di popolo, che gridava e agitava in aria berretti e fazzoletti.
Né padron Nino né alcuno della ciurma poteva mai supporre che tutto quel popolo fosse adunato lì per l’arrivo della «Filippa», quantunque proprio a loro paressero rivolti le grida e quel continuo furioso sventolio di fazzoletti e di berretti. Supposero che qualche flottiglia di torpediniere si fosse ormeggiata nel piccolo molo e che ora stesse per levar le ancore salutata festosamente dalla popolazione, per cui era una gran novità la vista d’una regia nave da guerra.
Padron Nino Mo per prudenza diede ordine s’allentasse subito la vela, si calasse anzi addirittura, in attesa della barca che doveva rimorchiare la «Filippa» all’ormeggio nel molo.
Calata la vela, mentre la tartana non più spinta seguitava a filare lentamente, rompendo appena le acque che, lì chiuse entro le due scogliere, parevano d’un lago di madreperla, i tre mozzi, incuriositi, s’arrampicarono come scojattoli uno alle sartie, uno all’albero fino al calcese, uno all’antenna.
Ed ecco, à gran furia di remi, la barca che doveva rimorchiarli, seguita da tant’altri calchi neri, che per poco non affondavano dalla troppa gente che vi era salita e che vi stava in piedi, gridando e accennando scompostamente con le braccia.
Dunque proprio per loro? tanto popolo? tutto quel fermento? e perché? Forse una falsa notizia di naufragio?
E la ciurma si tendeva dalla prua, curiosa, ansiosa verso quelle barche accorrenti, per cogliere il senso di quelle grida. Ma distintamente si coglieva soltanto il nome della tartana:
– «Filippa! Filippa!».
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