Ognuno Ăš unâanima nuda e sente la necessitĂ di rivestirsi di un abito di rispettabilitĂ , di qualitĂ apprezzate dagli altri, per dare un senso alla propria vita e sentirsi concretamente qualcosa. Una vicenda che si svolge tutta in penombra, preceduta dallâantefatto accennato dietro i vetri opachi di unâenorme finestra sghemba che funge da fondale.
STESURA aprile-maggio 1922
PRIMA RAPPRESENTAZIONE 14 novembre 1922 – Roma, Teatro Quirino, Compagnia Maria Melato e Annibale Betrone.
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Vestire gli ignudi  – 1985. Mariangela Melato, Daniele Griggio, Luigi Diberti
En Español â Vestir al desnudo
Premessa
Personaggi, Atto Primo
Atto Secondo
Atto Terzo
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Premessa
âVestire gli ignudiâ Ăš unâopera di grande forza e attualitĂ : analizza lâimportanza dei mezzi di comunicazione di massa, la sofferenza che diventa spettacolo, il voyeurismo morboso che infetta la societĂ contemporanea. Unâindagine profonda, che passa attraverso i consueti dubbi pirandelliani sull’identitĂ : sono ciĂČ che appaio? Sono davvero come gli altri mi vedono o mi immaginano?
       Ognuno Ăš unâanima nuda e sente la necessitĂ di rivestirsi di un abito di rispettabilitĂ , di qualitĂ apprezzate dagli altri, per dare un senso alla propria vita e sentirsi concretamente qualcosa.
       Intorno a questo principio, che domina le azioni di Ersilia Drei, si svolge la trama della commedia in tre atti Vestire gli ignudi. La stesura Ăš stata effettuata nellâaprile-maggio 1922 e il 14 novembre dello stesso anno ebbe luogo la «prima» a Roma, a opera della Compagnia di Maria Melato.
       Ersilia per tutta la vita si Ăš sentita un nulla: «non ho mai avuto», afferma, «la forza di essere qualche cosa»; Ăš stata sempre come lâhanno voluta gli altri. Il tenente di vascello Franco Laspiga si fidanza con lei che era goverÂnante in casa di Grotti, Console italiano a Smirne, e le dĂ per breve tempo lâillusione dâessere qualcosa. Ma poi la lascia ed Ersilia cede alle insidie del Console Grotti che la possiede. E proprio per averla distolta – in preda a una torbida passione – dalla vigilanza della figlia, la bambina sale su una sedia e precipita dalla terrazza nel vuoto. Ersilia Ăš ossessionata da questa morte, la Signora Grotti la scaccia. In preda allâorrore per la tragedia vissuta si dĂ in strada al primo venuto. Lo schifo per la sua miserevole vita la spinge in fine a tentare dâavvelenarsi. Allâospedale, ormai certa di morire, racconta una doloÂrosa storia dâamore per cingersi in qualche modo dâun alone romantico di martirio: sâĂš uccisa perchĂ© abbandonata dal Tenente di Vascello Franco Laspiga. Unâintera pagina dâun giornale racconta la sua storia tragica, susciÂtando generale commozione; ma sconvolgendo anche la vita di Franco Laspiga, che preso dal rimorso abbandona la fidanzata che sta per sposare e corre da Ersilia, sopravvissuta allâavvelenamento, per riparare; nonchĂ© del Console che ambiguamente fa ampie smentite ai giornali, ma si precipita anche lui da Ersilia per riaverla. Ersilia ne Ăš sconvolta, non vuol ritornare a vivere con nessuno dei due. Dice a Franco Laspiga: «PerchĂ© non puoi capire tu questa cosa orribile, dâuna vita che ti ritorna, cosĂŹ… come… come un ricordo che invece dâesserti dentro, ti viene… ti viene, inatteso, da fuori… CosĂŹ cangiato, che stenti a riconoscerlo. Non sai piĂč trovargli posto in te perchĂ© anche tu sei cangiato…».
       La notizia che era stata lâamante di Grotti, sconvolge Laspiga che tratta Ersilia da sgualdrina e fa perdere alla protagonista la pietĂ dĂŹ cui era circonÂdata. Ora la giudicano una donnaccia colpevole della morte della bambina che le era stata affidata.
       Il continuo mutare dei sentimenti e degli stati dâanimo; la presa di coscienza di Ersilia che non vuol essere causa di male agli altri e si ribella al soccorso che le offrono i due uomini, esclamando: «Mi vorreste condannare a essere quello che io volli uccidere? No, no, basta quella!»; la sua convinzione che Franco non ha colpe, perchĂ© di ciĂČ che accade ha colpa la vita, rappresentano il tessuto ideologico della commedia, riscattato in poesia dalla sofferenza. Ersilia sarĂ costretta ad avvelenarsi di nuovo e negli ultimi istanti di vita, mentre parla con superiore distacco di quanto Ăš accaduto, tutti le si rifanno intorno commossi e comprensivi.
       Ersilia aveva tentato di coprirsi «con un abitino decente» inventando la sua morte per amore, ora anche quello le Ăš stato strappato ed Ăš rimasta nuda. Non vuol piĂč sentire e vedere nessuno e conclude il suo nobile soliloquio finale – di grande effetto scenico e di intensa poesia – dicendo ai due pretenÂdenti: «Andate, andatelo a dire, tu a tua moglie, tu alla tua fidanzata, che questa morta – ecco qua – non sâĂš potuta vestire».
1922 – Vestire gli ignudi – Commedia in tre atti
Premessa
Personaggi, Atto Primo
Atto Secondo
Atto Terzo
En Español â Vestir al desnudo
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