Di Maricla Boggio. 2004. Filo conduttore della vicenda, le lettere che Pirandello scrisse alla Abba in poco più che un decennio, insieme a quelle dell’attrice, appassionate e confidenziali le pagine del drammaturgo, a cui Marta risponde con toni alterni di tenerezza, riservato rispetto, incoraggiamento o ripulsa.
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Autore: Maricla Boggio.
Protagonisti: Ennio Coltorti e Adriana Ortolani.
Regia di Ennio Coltorti.
Scene di Fabiana Di Marco.
Costumi di Annalisa Di Piero.
Musiche di Luigi Maiello.
Audiovisivi di Tommaso Vecchio.
Voce registrata di Tonino Accolla.
In una messa in scena epica e insieme emozionante viene rappresentata l’enigmatica storia di Pirandello e Marta Abba – ispiratrice di tanti suoi drammi -, in un intreccio fra vita privata e teatro, quotidianità e temi spirituali, passione non corrisposta, ambigue promesse ed esigenze di borderò.
Filo conduttore della vicenda, le lettere che Pirandello scrisse alla Abba in poco più che un decennio, insieme a quelle dell’attrice, appassionate e confidenziali le pagine del drammaturgo, a cui Marta risponde con toni alterni di tenerezza, riservato rispetto, incoraggiamento o ripulsa.
Resta insoluto il mistero del reale rapporto fra i due, mentre attraverso notazioni di forte preoccupazione Pirandello testimonia con antiveggente consapevolezza la crisi di un’Italia ormai preda del fascismo, a cui aveva creduto agli inizi, illudendosi di una suo impegno culturale e presto staccandosene con amarezza.
Elemento centrale del dialogo il teatro, la soffocazione delle idee e dell’arte attraverso le meschinità dei clientelarismi, delle cricche politiche e delle infinite miserie che oggi come allora lo pervadono. Ma soprattutto, in forme spesso allusive, di rado esplicite, il dramma di un uomo che soffre la ferita di un amore contrastatato.
Comincia intanto ad avvicinarsi il tragico conflitto che poco dopo distruggerà infinite esistenze. L’Europa, da cui Pirandello aveva ricevuto riconoscimenti assai più che in patria, si fa ostile; Marta va in America a inseguire effimeri successi, mentre sognandola il Maestro si approssima alla fine.
Lo spettacolo ha avuto una PRIMA NAZIONALE il 4 agosto 2004 ad Agrigento, nell’ambito della Settimana Pirandelliana, aprendo la Serata del Premio CAOS, davanti alla CASA NATALE DI PIRANDELLO.
A Roma il debutto l’11 marzo 2006, a STANZE SEGRETE”, il teatro dove Ennio Coltorti propone eventi di particolare singolarità, in un rapporto ravvicinato con il pubblico che consente una partecipazione intesamente vissuta.
Straordinari stati d’animo, intuizioni, idee politiche pervadono le più di mille lettere che Pirandello scrisse a Marta Abba dal 1925 al 1936, e le tante che a risposta l’attrice mandò a sua volta all’autore.
Interviste, documenti, brani di commedie e di saggi si impastano a questo universo ancora inesplorato, di cui ho cercato di cogliere le rivelazioni estreme e più riposte.
Emerge da queste pagine una ben diversa posizione di Pirandello da quella comunemente attribuitagli rispetto al fascismo, di cui capì ben presto la vacuità; se ne scopre la generosità a proposito di un progetto, da lui ideato e boicottato dal regime, di una rete di teatri regionali da allestire in Italia per dare solidità al teatro; se ne delineano i percorsi artistici, seguendone l’ispirazione via via più nitida dopo un inizio sovente mutuato da accadimenti personali, quando si libera finalmente la creazione – “Quando si è qualcuno”, “Trovarsi” nascono da vicende private e riflessioni personali -, mentre “I giganti della montagna” appaiono a tratti nella folgorazione di un’idea, nell’intuizione di una trovata sviluppandosi nel corso di anni, tormentosa aspirazione ad una compiuta poetica contrastata dalle avversità del teatro militante, e proprio per questo autenticamente sofferta e ricercata.
L’aria che si respira attraverso questi pensieri e questi aneliti, in anticipo sui tempi, è europea; il teatro che Pirandello scrive, così costretto dall’angustia di mezzi e di mentalità in patria, prende forza in Germania, in Francia, in America, superando le difficoltà dei climi avvelenati dalle incombenti vicende belliche.
Devozione, schermaglie giocose, ammirazione artistica ed estetica, amarezze professionali e private, passione dei sensi e della mente prendono vita in un altalenare di disperazione e gioia, di incitamento all’ottimismo e di depressione profonda. Ne emergono due personaggi di singolare vitalità e ribellione alle convenzioni, legati alla loro storia personale ma indipendenti da essa nell’esistenza sulla scena.
Del singolare rapporto fra Pirandello e Marta Abba io credo che non si debba indagare con spirito di curiosità, volgare e del tutto inutile. Ciò che il lungo dialogare ci ha rivelato è ben più che l’esaurimento di una risposta che rischia di banalizzare tutto, e lascia spazi al non detto, alle ipotesi, al proseguire al di là delle certezze.
E’ una ricerca di fusione fra realtà e metafora, fra le esigenze della quotidianità e l’assoluto che permea queste pagine: della vita che le ispirarono non va infranto il mistero, questo sì soltanto personale e destinato a rimanere segreto.