Trasmesso sul Programma Nazionale RAI il 10 agosto 1956.
Il contrasto tra la vita e la forma, tra la realtà e la finzione, tra persona e personaggio, motivi fondamentali della sua problematica, rivivono nella ribellione esistenziale di Enrico IV in maniera così spontanea e drammatica da raggiungere le punte più alte dell’arte pirandelliana.
Enrico IV
1956 – RAI.
MEMO BENASSI: Enrico IV
PAOLA BORBONI: La marchesa Matilde Spina
LUISELLA BONI: Sua figlia Frida
LUCIANO ALBERICI: Il marchese Carlo Di Nolli
OTTORINO GUERRINI: Il barone Tito Belcredi
MARIO SCACCIA: Il dottor Dionisio Genoni
UMBERTO RAHO: Arialdo
GASTONE BARTOLUCCI: Bertoldo
FRANCO VOLPI: Landolfo
UMBERTO BRANCOLINI: Ordulfo
DOMENICO RANIERI: Giovanni, maggiordomo
REMO VARISCO: Primo valletto
ENRICO DI BLASIO: Secondo valletto
Regia di CLAUDIO FINO
Memo Benassi propone un Enrico IV tormentato, rabbioso, sofferto, sprezzante, nauseato dalla situazione in cui si trova; vi è un forte tormento nel modo in cui porta inscena la follia del personaggio. Lavora molto sul viso, sugli occhi, naso, bocca, sulla vocalità nella recitazione concentrando la recitazione in modo particolare nelle mani e nel volto. Serietà. Va più rapidamente nel testo, toglie alcuni particolari.
La «prima» della commedia ebbe luogo al Teatro Manzoni di Milano il 24 febbraio 1922, ad opera della Compagnia di Ruggero Ruggeri.
Il contrasto tra la vita e la forma, tra la realtà e la finzione, tra persona e personaggio, motivi fondamentali della sua problematica, rivivono nella ribellione esistenziale di Enrico IV in maniera così spontanea e drammatica da raggiungere le punte più alte dell’arte pirandelliana.
Il protagonista recita da vent’anni la parte di Enrico IV, nei primi dodici con inconsapevole innocenza, negli ultimi otto per dolorosa necessità. Egli non ha altro nome se non quello dell’Imperatore del Sacro Romano Impero di cui impersonava la parte in una cavalcata in costume della sua lontana giovinezza. Una caduta da cavallo, provocata dal suo rivale in amore Tito Belcredi, lo ha tenuto imprigionato in quel personaggio per dodici anni. Il nipote Carlo Di Nolli, ha soccorso la sua tranquilla pazzia facendolo vivere in un castello tra compiacenti cortigiani che lo assecondano.
Quando rinsavisce dopo dodici anni si rende conto che è stato defraudato della sua giovinezza; la donna che amava e gli altri amici l’hanno vissuta, lui no, né può più riviverla ora. Il tempo scorre inesorabile e non aspetta nessuno. Non aspetta il fu Mattia Pascal, che quando torna al suo paese dopo la sua vana fuga verso la libertà, trova tutto cambiato: la moglie si è risposata col suo più caro amico. Non ha aspettato Enrico che ora disperatamente insegue i suoi ricordi e si ritrova estraneo in un mondo che è cambiato senza dì lui.
Il fluire inesorabile del tempo è il dramma fondamentale dell’Enrico IV, al quale egli invano titanicamente si ribella. Eroica è la decisione di continuare a recitare la sua pazzia essendo impossibile il recupero degli anni perduti, con un rifiuto che rende impraticabile ogni compromesso con la frode operata dal tempo.
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