01.01. Preludii: orchestrale e di partenza

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Preludii

01.01. Preludii: orchestrale e di partenza

Il Preludio orchestrale nella Riviera Ligure, maggio 1907.
Il Preludio di partenza nella Riviera Ligure, agosto 1905.….

Preludio Orchestrale

Al violin trillante una sua brava
sonatina d’amor, con sentimento,
il contrabbasso già da tempo dava
non so che strano, rauco ammonimento.
Allora io non sapea, che ne la cava
pancia del mastodontico strumento
si fosse ascosa una mia certa dama
molto magra, senz’occhi, che si chiama?..
come si chiama?…..

E invano imperioso, nella destra
la bacchetta ora stringo: quella mala
signora è del concerto la maestra.
Da quel suo novo nascondiglio esala
il suo frigido fiato nell’orchestra:
sale di tono ogni strumento o cala,
le corde si rilassano, gli ottoni
s’arrochiscono o mandan certi suoni…
Dio le perdoni!

M’arrabbio, grido, spezzo la bacchetta,
balzo in piedi, m’ajuto con la mano.
La sonata è patetica: dian retta
i violini: piano, piano, piano…
Ma che piano! Di là, la maledetta,
sforza il tempo, rovescia l’uragano!
Da otto nove a due quarti, a otto sei…
Vi prego di pigliarvela con Lei,
signori miei.

 

Preludio di Partenza

Tele di ragno lavorate a maglia
finissima, le vele (o mie discrete

speranze liete!);

l’albero, un grosso e lungo fil di paglia,
che simboleggia il novello ideale
o la fede novella; il sartiame

fatto di trame

di sentimenti, tutto a nodi e a scale;
lo scafo costruito di gusciaglia:

io parto, amici: eccomi pronto. E butto,
senza stare a pensar se poi m’occorra,

ogni zavorra

di fede antica ed ogni inganno, tutto.
Senza bussola e senza àncora vo.
Dove? Imprendo un viaggio di scoperta.

La mèta è incerta.

Ma, chi sa! forse il regno troverò
che da tant’anni cerco senza frutto.

So che, lasciando questo porto, in preda
la nave mia cadrà di tutti i venti

piú violenti;

ed avverrà che forse piú non veda,
né da vicin né da lontano, alcuna spiaggia,
né scorga alcun remoto faro.

Per quanto amaro

però mi sia, convien che la fortuna
tenti e alla smania che mi spinge, io ceda.

Duolmi che se m’avvenga di trovare
alfine il regno, piú non possa io poi

tornare a voi;

che folle è il vento: traccia vie sul mare
e le cancella poi, come gli frulla.
Di partir senza bussola m’è forza;

piú della scorza

a cui m’affido peserebbe, e a nulla
poi gioverebbe pe ‘l mio navigare.


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