Uno, nessuno e centomila: chi sono io?

Di Biagio Lauritano

Una brevissima riflessione sul romanzo di Luigi Pirandello

Per gentile concessione dell’Autore.

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Uno nessuno e centomila. Riflessione
Immagine dal Web.

Uno, nessuno e centomila: chi sono io?

Uno, nessuno e centomila è una vera e propria confessione con la quale il protagonista  moltiplica le proprie aspettative di vita all’infinito finendo così per mettere insieme tutte le esperienze acquisite; in altre parole Vitangelo Moscarda annulla il proprio io prediligendo paradossalmente tutto ciò che è al di fuori di esso in una prospettiva allo stesso tempo naturalistica e ipersensibile.

La disperazione nel suo cuore non annulla il rallentamento dello scorrere del tempo permettendo così al protagonista di evitare un finale tragico. Ciò vuol dire che la riflessione rimane sempre al protagonista permettendogli così di ancorarsi ai propri ricordi in un conatus che li moltiplica all’infinito.

È questa l’idea di libertà che Pirandello ci trasmette con questo romanzo  ovvero l’unico modo che il protagonista ha di sbarazzarsi della forma evitando in questo modo di alienarsi vista la falsa morale della società. In questo modo Vitangelo rinascerà ogni giorno diverso.

Biagio Lauritano

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            Uno, nessuno e centomila è l’ultimo romanzo di Pirandello. Oltre che l’ultimo, è estremo nella sua concezione e nella sua struttura, e infatti rende difficile da immaginare un ulteriore cimento su questa strada e, più in generale, mette in crisi la possibilità stessa del romanzo, almeno quello di impostazione tradizionale. Pubblicato a puntate sulla «Fiera letteraria» già nel 1925 e poi in volume da Bemporad nel 1926, secondo la testimonianza del figlio Stefano occupò lo scrittore per ben quindici anni in un difficilissimo travaglio creativo, quando è chiaro che dopo Sei personaggi in cerca d’autore la via teatrale era ormai la più congeniale all’avanguardia pirandelliana.

           Un romanzo, dunque, da morte del romanzo. Con un titolo fortunato e divenuto proverbiale, a indicare un passaggio fondamentale della coscienza novecentesca.

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