Pirandello è tra gli artisti più studiati di tutte le nostre patrie lettere e non solo in Italia. La sua ricezione critica può anche leggersi come uno specchio dell’evoluzione che l’estetica letteraria ha avuto negli anni, e proprio ad un momento di svolta appartiene “Pirandello. Tra realismo e mistificazione” di Roberto Alonge pubblicato negli anni Settanta.
Roberto Alonge
Pirandello. Tra realismo e mistificazione
Bonanno editore – 2009 – pp. 284
Collana “Oltre il Giardino”
Prezzo di cop. Euro 25,00
L’opera pirandelliana sembra aver trovato ormai, dopo molte incomprensioni, una sua precisa fisionomia, una sua persuasa definizione critica, che legge Pirandello come consapevolezza autentica della società italiana di contro a tanta mistificazione, come il maggior realista (se non l’unico: pensiamo infatti a Svevo) della decadenza borghese. A fronte di un panorama critico così conchiuso non si danno scorciatoie.
Ripartire da zero diventa la giusta parola d’ordine. Di qui nasce la caratteristica fondamentale del Pirandello che oggi viene riproposto. Vogliamo dire certo taglio risolutamente sperimentale che è, appunto, prima di tutto, volontà di sperimentare ipotesi di lavoro nuove, linee di ricerca inedite. Deriva di qui una serie di scelte radicali: il rifiuto di toccare l’intero corpus pirandelliano (la poesia, la saggistica, ecc.), il silenzio sui grandi punti nevralgici di ogni critica pirandelliana tradizionale (l’umorismo, il pessimismo, il relativismo, l’incomunicabilità, la Vita e la Forma, uno nessuno centomila, ecc. ecc.). Ma discende di qui, ancora, l’uso di metodologie diverse, impiegate come strumenti atti a evidenziare dimensioni dell’opera pirandelliana finora sfuggite all’indagine critica.
Recensione di Gabriele Tanda
da progettoblio.com
Erving Goffman, sociologo tra i più conosciuti del secolo scorso, teorizzò che ogni individuo recita una parte teatrale che muta al mutare del contesto quotidiano. È anche questa una spia di come l’opera di Pirandello sia, tra quelle di altri scrittori italiani novecenteschi, quella che ha avuto non solo maggiore influenza nel mondo, ma anche una particolare lungimiranza. L’affermazione, che può sembrare eccessiva, si può basare su due fattori ulteriori. Innanzitutto, l’attualità del suo messaggio viene testimoniata dalla presenza continua di molte sue opere nei cartelloni di diversi teatri. In secondo luogo e soprattutto, l’importanza dell’autore girgentino è resa esplicita dalla quantità di pubblicazioni di varia qualità e mole che sulle sue opere vengono prodotte: insomma, Pirandello è tra gli artisti più studiati di tutte le nostre patrie lettere e non solo in Italia. La sua ricezione critica può anche leggersi come uno specchio dell’evoluzione che l’estetica letteraria ha avuto negli anni, e proprio ad un momento di svolta appartiene Pirandello. Tra realismo e mistificazione di Roberto Alonge pubblicato negli anni Settanta e ora riproposto tal quale dall’editore Bonanno.
L’opera è il titolo di apertura di una nuova collana di saggistica teatrale, Oltre il giardino, diretta da Fernando Gioviale (che firma anche la pirotecnica introduzione, alle volte, però, divagatoria oltre ogni limite). Ma quale giardino si intende superare? Il giardino teatrale per antonomasia, quello dei ciliegi di Cechov, viene qui a rappresentare una drammaturgia sempre più in crisi che si deve scontrare con le esigenze di un pubblico sempre meno teatrale e sempre più televisivo, e quindi anche una collana di studi teatrali che vorrebbe produrre uno sguardo nuovo, uno sguardo capace di superare le barriere classiche del genere. Eppure l’opera apripista denuncia tutta la sua età: un’ottica fortemente marxista si unisce spesso a un vocabolario desueto che alle volte può suscitare qualche ironia, quando non un senso di estraneità, in chi quegli anni di contestazione non li ha vissuti: si trovano spesso riferimenti alla classe operaia e all’ideologia imperialista, ai ceti e ai borghesi piccoli e grandi, in un’opera datata che sembra negare le premesse della collana. Epperò, come abbiamo detto, Pirandello. tra mistificazione e realismo è il simbolo di una svolta: si supera la visione legata prevalentemente a Tilgher, ma anche quella di Pirandello realista e «testimone della crisi» che fu di Salinari. La prospettiva è marxista, ma si intravedono delle aperture significative: il primo capitolo usa categorie tratte dall’analisi etnologica di Eliade, nel secondo il metodo viene supportato dalla prospettiva sociologica del Del Carria, il terzo dall’indagine sulla struttura teatrale di Peter Szondi, mentre il quarto fonde l’analisi psicanalitica con quella di tipo ancora etnologico, ma ora legata a Kerényi. Nuovi metodi che incontravano per la prima volta Pirandello, sintomo di un mutamento di prospettive che avrebbe portato ad analisi tematiche e teatrali importanti, tanto da cambiare la fisionomia critica dello scrittore: solo per fare due esempi, L’officina segreta di Pirandello di Umberto Artioli, che ne esamina la simbologia nascosta, e Pirandello. Il disagio del teatro di Claudio Vicentini, che ne rivaluta i drammi, soprattutto da I sei personaggi in poi, alla luce del contesto europeo del tempo.
Alonge, è doveroso ricordarlo, è uno dei maggiori specialisti di teatro in generale (da ricordare la curatela, insieme a Davico Bonino, della Storia del teatro moderno e contemporaneo pubblicata da Einaudi) e dello scrittore girgentino in particolare, e questa pubblicazione, insieme con il Pirandello edito da Laterza, disegna la linea evolutiva del suo pensiero critico: da posizioni di sospetto e di forte critica del valore innovativo dell’opera pirandelliana, fino ad una totale rivalutazione soprattutto della produzione drammaturgica posteriore al 1924, invece totalmente condannata nel ’72.
Si comprendersi così meglio il motivo di una scelta paradossale come quella di proporre tale e quale un testo di quasi quaranta anni fa per una nuova collana di studi teatrali, che, in più, ha come obiettivo dichiarato quello di superare un certo tipo di studi. Pirandello. Tra realismo e mistificazione è il documento di una svolta, una trasformazione che si vorrebbe di nuovo attuale.
Come avviene per molte narrazioni sembra qui che il destino di un uomo, in questo caso uno studioso, possa essere simbolo di un percorso collettivo: dall’ideologia che cercava una sua indipendenza, ad un pensiero ormai slegato da lacciuoli e ormai fattosi criticamente maturo. Ne è testimonianza un brano autobiografico del Pirandello più tardo: «Sin dal titolo la mia vecchia monografia del 1972 dichiarava l’ambizione di ridisegnare il ritratto di un Pirandello assai più incerto e oscillante fra coscienza e mito, fra realismo e mistificazione appunto, con una approssimazione maggiore semmai verso il polo secondo. Mi sembrava che solo episodicamente Pirandello riuscisse a elevarsi al di sopra della cecità dei suoi personaggi piccolo borghesi, delle loro miserie e dei loro maceranti processi di autoconsolazione» (p.134). Il ripensamento rende implicito tutto un lungo studio di ricerca e di confronto, un lungo cammino di crescita.
Gabriele Tanda
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