1934 – Dichiarazione al banchetto per il conferimento del premio Nobel (Con Audio)

Evolvendosi, il mio talento più vero mi ha reso del tutto incapace di vivere, come si conviene a un vero artista, capace soltanto di pensieri e di sentimenti: pensieri perché sentivo, e sentimenti perché pensavo. Di fatto, nell’illusione di creare me stesso, ho creato solo quello che sentivo e che riuscivo a credere.

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Pirandello - Discorso Nobel

Il 9 novembre 1934 Luigi Pirandello ricevette a Roma il telegramma con cui Per Hallström, segretario permanente dell’Accademia di Svezia, gli comunicava l’avvenuta assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura. La sua casa di via Antonio Bosio, una traversa della Nomentana, fu invasa quello stesso giorno, racconta Gaspare Giudice nella sua bella biografia, da giornalisti e fotografi, e lo scrittore dovette adattarsi a mettersi in posa curvo sulla macchina da scrivere dove batté su un foglio una sola ripetuta esclamazione: «pagliacciate! pagliacciate!…»

Leggi e ascolta. Voce di Giuseppe Tizza

Dichiarazione al banchetto per il conferimento del premio Nobel

Municipio di Stoccolma, 10 dicembre 1934

    È con immensa soddisfazione che esprimo la mia rispettosa gratitudine alle Vostre Maestà per avere graziosamente onorato questo banchetto con la Loro presenza. Mi sia concesso di aggiungere l’espressione della mia più viva gratitudine per il caloroso benvenuto che mi è stato riservato, e per il ricevimento di questa sera, degno epilogo della solenne cerimonia di oggi, durante la quale ho avuto l’onore incomparabile di ricevere il premio Nobel per la letteratura del 1934 dalle auguste mani di Sua Maestà il Re.

Vorrei anche esprimere il mio profondo rispetto e la mia sincera gratitudine all’Illustre Accademia Reale di Svezia per il suo illuminato giudizio, che corona la mia lunga carriera letteraria.

     Per riuscire nelle mie fatiche letterarie ho dovuto frequentare la scuola della vita. Questa scuola, inutile per certe menti brillanti, è l’unica cosa che può aiutare una mente come la mia: attenta, concentrata, paziente, inizialmente del tutto simile a quella di un bambino. Uno scolaro docile, se non con gli insegnanti, di sicuro con la vita, uno scolaro che non verrebbe mai meno alla sua totale fede e fiducia in ciò che ha imparato. Questa fede nasce dalla semplicità di fondo della mia natura. Sentivo il bisogno di credere all’apparenza della vita senza alcuna riserva o dubbio.

     L’attenzione costante e la sincerità assoluta con cui ho imparato e meditato questa lezione hanno palesato un’umiltà, un amore e un rispetto della vita indispensabili per assorbire delusioni amare, esperienze dolorose, ferite terribili, e tutti gli errori dell’innocenza che donano profondità e valore alle nostre esistenze. Tale educazione della mente, conquistata a caro prezzo, mi ha permesso di crescere e, nel contempo, di rimanere me stesso.

     Evolvendosi, il mio talento più vero mi ha reso del tutto incapace di vivere, come si conviene a un vero artista, capace soltanto di pensieri e di sentimenti: pensieri perché sentivo, e sentimenti perché pensavo. Di fatto, nell’illusione di creare me stesso, ho creato solo quello che sentivo e che riuscivo a credere.

     Provo gratitudine infinita, gioia, orgoglio al pensiero che questa creazione sia stata ritenuta degna del premio prestigioso con il quale mi onorate.

     Mi piacerebbe credere che questo premio sia stato conferito non tanto alla perizia dello scrittore, che è sempre irrilevante, quanto alla sincerità umana del mio lavoro.

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