Pirandello e il teatro francese negli anni Venti e Trenta

Di Anna Frabetti

La ricezione del teatro di Pirandello in Francia, dal 1923 al 1936, attiva una nuova rete di rapporti e collaborazioni culturali, in duplice direzione, tra l’Italia e la Francia, oltre che in quel gruppo di scrittori, tra cui Bontempelli, Marinetti, Savinio ed altri già presenti in quegli anni a Parigi, e considerati poi italiani in Francia e francesi in Italia.

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Pirandello e il teatro francese
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Pirandello e il teatro francese negli anni Venti e Trenta

da comune.bologna.it

All’inizio del secolo, il teatro italiano era conosciuto in Francia grazie alle tournées dei suoi attori più celebri, come Eleonora Duse ed Ermete Novelli ed alle opere di autori come Giacosa, Sem Benelli, Bracco e soprattutto D’Annunzio e Marinetti. Alla fine della prima guerra mondiale e del lungo periodo di ostilità che aveva contrapposto i due paesi, ha inizio una nuova stagione di grande presenza italiana sulle scene francesi, inaugurata dalle prime messinscene parigine dei drammi pirandelliani. La rappresentazione della Volupté de l’honneur nel 1922 e dei Six personnages en quête d’auteur nel 1923 aprono a Pirandello la via del teatro francese ed europeo, permettendogli di entrare in contatto con un ambiente animato da sperimentazioni e dibattiti ancora quasi estranei all’Italia, in primis quello sul teatro di regia, sui teatri d’arte e, in modo più ampio, sulla “riteatralizzazione del teatro”.

Viceversa, l’opera di Pirandello e l’apporto della cultura italiana contribuiscono al processo di svecchiamento della scena francese, ancora alla ricerca, nel primo dopoguerra, di una via d’uscita dalle strettoie del boulevard e del teatro di evasione. In un clima di attenzione e di apertura all’eversione futurista di Marinetti e di Apollinaire, all’onirismo surrealista di Breton, la presenza di Pirandello assume un ruolo significativo, pur avendo alterna fortuna, talvolta parallela alle condizioni via via più tese della politica internazionale.

La ricezione del teatro di Pirandello in Francia, dal 1923 al 1936, attiva una nuova rete di rapporti e collaborazioni culturali, in duplice direzione, tra l’Italia e la Francia, oltre che in quel gruppo di scrittori, tra cui Bontempelli, Marinetti, Savinio ed altri già presenti in quegli anni a Parigi, e considerati poi italiani in Francia e francesi in Italia. Insieme ai testi drammaturgici e narrativi, tradotti e rappresentati, entrano in Francia opere di autori italiani fino ad allora poco conosciuti come Antonelli, Rosso di San Secondo, Cesare Vico Lodovici, Fausto Maria Martini; aumenta l’interesse per la cultura italiana in generale, grazie anche ad apporti diversi e talvolta irrelati: dall’interazione tra teatro ed arti figurative (testimoniata dall’attività del gruppo dei “peintres italiens de Paris” e dalla collaborazione tra De Chirico e Pirandello stesso alla messinscena della Jarre nel 1924), al rinnovato interesse di Copeau per la commedia dell’arte. Allo stesso tempo, la mediazione di Pirandello, la sua collaborazione (diretta o indiretta) con attori-registi come Dullin, Pitoëff, Jouvet, Baty, con traduttori ed italianisants come Camille Mallarmé, Crémieux e Mortier dà inizio, in Italia, a nuovi contatti con il mondo del teatro francese; filtra temi e suggestioni, come quelle surrealiste, ancora lontane dalla tradizione italiana; rinnova i repertori introducendo autori come Lenormand e Vitrac.

I documenti che consentono di ricostruire questi contesti appartengono ad ambiti di cultura estremamente differenti tra loro, i quali richiedono perciò un approccio interdisciplinare e comparatistico alla materia. Si tratta in primo luogo di epistolari, a partire da quello tra Pirandello e Marta Abba, di testimonianze autobiografiche, diari e memorie di attori e uomini di teatro. Ma anche di materiali ritenuti “marginali”, da un punto di vista letterario – essenziali da un punto di vista “teatrale” – come raccolte di documenti, recensioni, interviste, copioni, repertori. Non meno importanti sono, in questo senso, le riviste dei teatri ed i fogli letterari e teatrali con la dichiarata funzione di mediazione italo-francese. L’uso di questi strumenti, la loro alternanza, intende in primo luogo ricostruire un disegno, far emergere indirettamente, in modo trasversale, induttivo, un quadro storico e culturale nella sua complessità, nelle sue componenti interdipendenti e soprattutto interagenti. Ciò che interessa non è dunque stabilire dei precedenti o delle filiazioni, ma rilevare la presenza di correnti, di relazioni, ed attivare la loro interpretazione. Da un punto di vista metodologico, testi letterari e copioni teatrali, strumenti filologici e strumenti scenici assumono lo stesso valore, pur appartenendo a contesti diversi, nella precisa convinzione che la scrittura e la scena non vadano valutate come polarità tra loro in competizione, ma piuttosto come componenti diverse, di uguale peso, nella storia della cultura.

Anna Frabetti

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