Nello studio di Pirandello

Di Silvia Montanari

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Nello studio di Pirandello
Immagine da Istituto di Studi Pirandelliani

Nello studio di Pirandello

Per gentile concessione dell’Autrice

da La locandiera

“Un pezzo di giardinetto con una fontanella, il cui chioccolio nei notturni silenzi gli è caro”. Così Pirandello, in una sua novella descrive il luogo dove visse dal 1993 al 1918 e poi ancora per una strana coincidenza, dal 1933 fino alla fine dei suoi giorni.

Purtroppo oggi parte della villa è adibita ad Ufficio Metrico del dosaggio dei Metalli Preziosi.
Soltanto al secondo piano, in quello che fu lo studio del Maestro è situato l’Istituto di Studi Pirandelliani.
Si tratta di un grande salone-studio con i libri appartenuti a Pirandello o quello che rimane della grande biblioteca pirandelliana.
C’è poi la piccola camera da letto con un lettuccio, l’armadio contenente alcuni vestiti, tra i quali la divisa da Accademico d’Italia.

In questa casa che lo scrittore abitò negli ultimi anni della sua vita, egli tornò stanco e disperatamente solo; Marta Abba, il suo tormentato amore è lontana. E’ andata a conquistare i palcoscenici d’America.
Ma ciò di cui vogliamo occuparci è la storia di un sodalizio artistico di straordinaria importanza.

Pirandello aveva sempre amato gli attori dialettali e fu per questo che nel febbraio del 1933 si recò insieme con Marta Abba al Teatro Sannazzaro di Napoli, dove la compagnia del Teatro Umoristico fondata dai tre fratelli De Filippo riscuoteva un grandissimo successo di pubblico e di critica.
Si divertiva come un bambino alle imprese di ” Sik-Sik, l’artefice magico” e volle conoscere gli attori

La grande semplicità di Pirandello fece trovare ad Eduardo il coraggio per proporre la traduzione in napoletano di un’opera del Maestro: “Liolà”.
Non solo il permesso venne accordato ma quella sera stessa si progettò di trarre una commedia dalla novella “L’Abito Nuovo”.
Si erano gettate le basi per una straordinaria collaborazione tra due grandi del Teatro Italiano.
Intanto Eduardo mette in scena “Liolà” con Peppino, grandissimo interprete. Il successo, all’Odeon di Milano, fu pieno, con ventidue chiamate per l’Autore e Peppino.
Gli spettatori sollevarono di peso Pirandello fino al palcoscenico. All’Argentina di Roma alla decima replica lo scrittore dovette accontentarsi di una sedia aggiunta.
Quando i due tornano a parlare de “L’Abito Nuovo”, la proposta che Pirandello fa al giovane Eduardo è talmente straordinaria da lasciarlo quasi sgomento:” Facciamola insieme! Se io scrivo la commedia in italiano, Lei poi dovrà tradurla. Se invece i dialoghi li scriviamo insieme il personaggio centrale parlerà con le sue parole, allora sarà più vivo e più reale!”
Ed è così che ogni giorno di quel dicembre del ’35 Eduardo bussa al portone di via Antonio Bosio 15, a due passi da Villa Torlonia.

Così il ricordo di Eduardo:” Per quindici giorni sono stato al Suo scrittoio.
Lei era seduto di fronte a me, in un’ampia poltrona, ed ogni tanto mi passava dei pezzettini di carta con le battute segnate da Lei che davano il via alle scene principali. Io traducevo in vernacolo il Suo pensiero. Così è nato “L’abito Nuovo”. Sulla scrivania c’era un volume del ” Berretto a sonagli”. Lei mi disse:” Perché non lo mette in scena?”
Infatti un mese dopo al Fiorentini di Napoli, la commedia trionfò con una serie di esauriti. Poi la Compagnia debuttò a Milano, e durante le repliche ricevetti un suo telegramma; Le risposi chiedendole di rimandare all’anno prossimo il varo de “L’Abito Nuovo”. Non ebbi risposta. Evidentemente Lei era in collera con me…dopo quattro mesi c’incontrammo ai funerali del povero Petrolini e il sedici novembre al Quirino, iniziammo la stagione con “Il Berretto a Sonagli”. Lei venne nel mio camerino, dopo il secondo atto e io Le dissi:” Maestro, Lei è stato un poco in freddo con me, perché non ho messo in scena la nuova commedia. Posso dirLe una cosa? Il Suo spirito è tanto giovane che le dà l’aria del novellino che si presenta al capocomico con il copione sotto il braccio e la febbre de veder rappresentato il suo primo lavoro”.
Lei mi rispose queste parole che non dimenticherò mai:” Ma tu caro Eduardo, puoi attendere, io no!”
Prendemmo appuntamento per il 5 dicembre ma Suo figlio Stefano mi telefonò pregandomi di rinviare per una Sua indisposizione. Il giorno dieci, la radio annunziava la Sua morte… Sì, glielo confesso, pure io ho creduto alla Sua morte, anche perché Lei non mi ha più scritto: questo Suo disinteresse me lo ha fatto credere. Ora La vedo qui, e non posso negare il mio stupore. Anzi, Maestro, La prego: segga qui accanto al tavolino, in onore ancora della sua benevolenza. Oggi sono alla decima prova della commedia e Lei è qui: giuro, anche nei giorni scorsi Lei era qui, mi suggeriva le intonazioni, l’ho vista vibrare e vivere la parte insieme a me…qualche volta mi ha pure detto: “Bravo!” Non c’è dubbio Lei è qui. Ora mi guarda sorridendo, non c’è più rimprovero nel Suo sguardo: grazie! E allora, se mi ha perdonato, trovo il coraggio di dirLe: Sono stato uno sciocco, non dovevo crederlo, perché quando nella vita si assume la parte di Pirandello, non si muore. Io nella vita ho assunto la parte di attore e allora posso non credere alla Sua morte. Maestro, per amor di Dio, venga a tutte le prove, ho bisogno del Suo aiuto, e per carità, non mi manchi alla prima rappresentazione!”
Lo scrittore Giovanni Macchia definì Casa Pirandello una ” casa viva degna di uno scrittore più che mai vivo!”
E per chi volesse entrare in punta di piedi in un’atmosfera tutta pirandelliana, può farlo il martedì e il giovedì mattina previa prenotazione.

Silvia Montanari
dalla rivista “Romanità”.

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