10. Lieta

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Lieta

10. Lieta

Dalla Nuova Antologia, 1° marzo 1907. Già apparsa nel giornale Folchetto, Roma, anno IV, 25 marzo 1894.

Che m’avviene?
Io piú libero stamane
il respir traggo: perché?
ed al piè non mi sento piú catene.
Che m’avviene?
Senti? Suonan le campane…
Forse è tutta imbandierata
la città…

Dalla chiusa austerita’
delle antiche esauste vene
oggi forse innamorata
sorge Roma a nuova età.
Sia gajezza in tutti i cuori:
calde, franche, gioviali
per le vie suonin parole:
si spalanchin tutte al sole
le finestre ed abbian fiori
su i lucenti davanzali.

Si, lo so: va tutto a rotoli;
senza fede né dottrina,
sotto un vacuo od irto nome,
i pensier nostri slegati
s’avviluppano coi fati
che stan come
nembi sopra una rovina.
Dove io vada?
Non lo so.

Vado dove la mia sorte
mi conduce.
Senza luce
corro anch’io verso la morte.
Ci sarà per la mia strada
una fossa in cui cadrò.
Sí, lo so – ma di pensare
non ho tempo, oggi, né voglia:
un inganno ancor germoglia
nel mio cuore, e voglio amare,
voglio ridere, scherzare.
In continui, vaghi errori,
finché sotto il càuto piede
non mi cede
la malferma terra, vo’
di quest’aura inebriarmi,
consolarmi
d’esser nato a questa vita.
Primavera sia fiorita
quando alfin giú me n’andrò,
perch’io possa,
nel cader, baciare i fiori
che celavanmi la fossa.


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Noto soprattutto per le numerose e caratteristiche novelle, le singolari opere teatrali e gli altrettanto peculiari romanzi, Pirandello, agli albori della sua carriera, fu anche poeta. Un poeta che, nonostante fosse solo agli inizi, lasciava già intravedere chiare tracce non solo del suo inconfondibile stile, ma soprattutto della sua particolare visione del mondo e della natura umana. Nel 1960 vennero per la prima volta pubblicate in un’unica raccolta tutte le opere poetiche dell’autore, accompagnate da testi inediti pazientemente ricercati e recuperati fra i numerosi scritti sparsi. L’amore ed i rapporti fra uomo e donna, tematiche chiave in Pirandello, spesso trasfigurate da ambientazioni irreali e mitiche, mostrano già quelle lacerazioni e contraddizioni che col tempo diventeranno segni distintivi dell’intera opera pirandelliana. Basti pensare al titolo della prima raccolta poetica dell’autore, Mal giocondo, ossimoro che, dietro l’apparente scherzo nell’accostare due termini così dissimili, quasi a volersi burlare del lettore, anticipa le antinomie e incoerenze che saranno parte integrante delle successive opere teatrali e dei romanzi.

Amore e odio, quindi, ma anche beltà e tristezza, giovinezza e vecchiaia, ricchezza e povertà: sentimenti forti e contrastanti, che sembrano prendere vita ed uscire dai versi con irruenza, per rispecchiarsi in ogni animo umano.
Ma vi traspare anche la sfiducia tipicamente pirandelliana nei confronti della società e della classe dirigente, soprattutto nel delicato momento storico che Pirandello si trova a vivere, subito dopo l’unità d’Italia (1870), e che si riflette nelle efficaci e forti immagini della folla romana, descritta con spietata ironia nei suoi aspetti più negativi, peccaminosi e lascivi.

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