Premessa
Personaggi, Atto Primo
Atto Secondo
Atto Terzo
En EspaĂąol â La vida que te di
ÂŤÂŤÂŤ Elenco delle opere in versione integrale
ÂŤÂŤÂŤ Introduzione al Teatro di Pirandello

1923
La vita che ti diedi
Atto Terzo
        La stessa scena, la mattina dopo, nelle prime ore.
      Poco dopo levata la tela, apparirĂ sulla soglia dellâuscio in fondo Giovanni che darĂ passo alla signora Francesca Noretti arrivata or ora dalla stazione in unâansia angosciosa e spaventata.
      GIOVANNI. Entri, entri, signora.
      FRANCESCA. Ma possibile che dorma?
      GIOVANNI. Sarà ancora stanca del viaggio. Sono appena le sette, del resto.
      FRANCESCA. E dove dorme? Non lo sapete?
      GIOVANNI. Jeri Elisabetta le preparava la stanza al piano di sopra.
      FRANCESCA. Non potete condurmi da lei?
      GIOVANNI. Io su non salgo, signora. Ma ho fatto avvertire Elisabetta. E la padrona è giĂ levata. Lâho vista quando ha aperto la finestra allâalba.
      FRANCESCA. Ma possibile che ancora non lo sappia? â Ă arrivata jeri sera?
      GIOVANNI. Sissignora, jersera. La padrona è andata a prenderla alla stazione.
      FRANCESCA. E voi lâavete vista arrivare? â Piangeva?
      GIOVANNI. Nossignora: non mâè parso.
      FRANCESCA. Che non glielâabbiano ancora detto? â Se può dormire… â
      GIOVANNI. Probabile, signora, perchĂŠ â guardi queste piante: le ho portate io qua jeri… â Ă come se non fosse morto per la padrona. â Non sâè mica vestita di nero.
      FRANCESCA. E per questo non ne ha fatto sapere niente a nessuno? â Ă morto da undici giorni?
      GIOVANNI. Come stamattina.
      FRANCESCA. E lâho saputo ora alla stazione, arrivando â come ho domandato di lui â dove stava â
      GIOVANNI. Ecco la padrona. (EntrerĂ di fretta DonnâAnna. E Giovanni uscirĂ .)
      DONNâANNA. Piano, piano per caritĂ ! â Lei è la mamma?
      FRANCESCA. Può immaginarsi in quale stato, signora! â Ho viaggiato come una disperata â Dovâè? dovâè? â Ancora non lo sa?
      DONNâANNA. Piano, piano â non lo sa!
      FRANCESCA. Mi conduca da lei! La sveglierò io! glielo dirò io!
      DONNâANNA. No, signora, per caritĂ !
      FRANCESCA. Ma come? lei, â non avvertire nessuno, nemmeno me, della sciagura, per non farle commettere questa pazzia!
      DONNâANNA. Non lâha commessa per lui â no! â creda.
      FRANCESCA. Come non lâha commessa per lui?
      DONNâANNA. No, no. Le dirò â
      FRANCESCA. Io voglio vederla subito!
      DONNâANNA. Ma giacchĂŠ sa, ormai, non abbia piĂš timore, nĂŠ tutta questâansia, signora.
      FRANCESCA. â come vuole che non lâabbia? io…
      DONNâANNA. â si calmi â mi lasci dire. â
      FRANCESCA. â lâavrò finchĂŠ non me la sarò riportata via! â Mi sono precipitata appena letto il biglietto che mi lasciò, lĂ , per raccomandarmi i bambini. Ha due figli â lo sa lei? Ah Dio, come non sono morta, non lo so!
      DONNâANNA. Piano â venga con me, la prego: â ella dorme di lĂ !
      FRANCESCA. Ah, di lĂ ? Io vado subito. (FarĂ per lanciarsi verso lâuscio a destra.)
      DONNâANNA (parandosi di fronte a lei). No, signora! Lei non sa il male che le farebbe! (DirĂ con tal tono questo ammonimento, che lâaltra madre ne resterĂ , per un istante, sgomenta e come smarrita.)
      FRANCESCA. PerchÊ?
      DONNâANNA (subito, recisa). PerchĂŠ non sa quello che io so! Il caso è molto piĂš grave di quanto lei sâimmagina!
      FRANCESCA. PiÚ grave? (La guarderà spaventata.)
      DONNâANNA. SĂŹ! Me lâha confessato lei stessa, arrivando!
      FRANCESCA. â Che â che con lui?
      FRANCESCA (balbettando, allibita). â che vuol dire?
      DONNâANNA. â se vive ora in lei, come lâamore dâun uomo può vivere, diventar vita in una donna â quando la fa madre â ha capito?
      FRANCESCA (raccapricciando). Suo figlio? â Oh Dio! e come? â ma dunque â per questo? â
      DONNâANNA. Ă arrivata in tale stato di disperazione, che non mâè stato ancora possibileÂŤdirglieloÂť. Le ho detto che era partito â per lei, per prudenza â per non comprometterla â e già è bastato questo, perchĂŠ si vedesse, si sentisse morta â
      FRANCESCA. â lei? â
      DONNâANNA. â lei, sĂŹ certo â nel cuore di lui! â Comâè possibile, le domando io ora, farglielo morire?
      FRANCESCA. Ma prima, prima châella si compromettesse venendo qua, lei avrebbe dovuto annunziare a me che era morto!
      DONNâANNA. Signora, ringrazi il cielo che non ho questo rimorso! Credevo dâaverlo; di dovermelo fare; ma ho potuto vedere che fui invece ispirata da Dio nel mandare alla sua figliuola la lettera lasciata da lui, terminata da me.
      FRANCESCA (inorridita). Ma come, dopo? â dopo che era morto? â
      DONNâANNA. Per lei non è ÂŤdopoÂť! â Ă stata una fortuna, le dico! Ispirazione di Dio! â Senza che ne sapessimo nulla nĂŠ io nĂŠ lei, nellâanimo in cui si trovava lĂ â se lui le fosse mancato â si sarebbe uccisa â creda!
      FRANCESCA. Ma lei, Dio mio, lei vuole tenere ancora la mia figliuola
      legata a un cadavere?
      DONNâANNA. Che cadavere! La morte per lei è lĂ , presso lâuomo a cui lei lâha legata: quello, è un cadavere! â Io ho cominciato invece fin da jersera, mi sono provata fin da jersera a farle intendere â
      FRANCESCA. â che ha gli altri suoi figli â lĂ â
      DONNâANNA. â ma questo lo sa! Me nâha parlato lei stessa con tanto
      strazio! Cose â mâha detto â che fanno rabbrividire â
      FRANCESCA. â dei figli?
      DONNâANNA. â sĂŹ: che se lâè fatti suoi, dopo â dopo che le erano nati â estranei! â Se li è potuti far suoi con lâamore di mio figlio intende? Hanno avuto bisogno dellâamore di lui, anche quelli, perchĂŠ diventassero vita per lei. â Eppure, ha visto? ha potuto lasciarli per venirsene qua.
      FRANCESCA. Ma se ora saprĂ che lui, qua, non câè piĂš â
      DONNâANNA. E invece devâesserci, se lei se la vuole riportare lĂ al suo martirio â devâesserci! E lei deve farle intendere, come mi sono provata io, in qual modo egli devâessere vivo per lei dâora in poi solo nel cuore â senza cercarlo piĂš fuori â con la vita che lei gli darĂ . â Questo. â Ma prima prometterle che lo vedrĂ … â Ha capito?
      FRANCESCA (sbalordita). Che lo vedrà ?
      DONNâANNA. Non qua! â ÂŤQuaÂť le diremo ÂŤlui non ritornerĂ , se non saprĂ che tu sei partita. Lo vedrai tra poco; perchĂŠ egli ritornerĂ a te, lĂ Âť. â Ecco, le dica cosĂŹ e forse riuscirĂ a riportarsela. â Pensi che è lĂŹ che Io aspetta â ha voluto dormire nel suo letto â forse lo sogna â appena si sveglierĂ , lo penserĂ vivo e che starĂ per ritornare.
      FRANCESCA (che sarĂ stata a mirarla, atterrita, col ribrezzo piĂš vivo, che a poco a poco si sarĂ sciolto in unâinfinita pietĂ ). Oh Dio, signora, ma questa… questa è una follia…
      (Si aprirĂ a questo punto lâuscio a destra e apparirĂ Lucia, la quale, scorgendo la madre in quellâatteggiamento, dopo la prima sorpresa si turberĂ , guardando lâaltra madre e intuendo in un baleno la sciagura.)
      LUCIA. Oh, mamma, tu? (FarĂ per accorrere a lei, ma si fermerĂ , guardando prima lâuna e poi lâaltra): Che cosâè?
      FRANCESCA (tremando, senza alcuna ansia, con tono che ajuterĂ la figlia a intendere). Figlia mia… figlia mia…
      LUCIA (c. s.) Ma comâè? â Che dicevate?
      DONNâANNA (per riparare). Niente. Vedi? è venuta â è venuta a cercare di te â
      LUCIA. Non è vero! Comâè che tu, mamma, non mi dici nulla? â Che cosâè?… (Gridando):Ditemelo!
      FRANCESCA (accorrendo a lei per abbracciarla). Figlia mia!
      LUCIA. Ă morto? è morto? (Respingendo lâabbraccio della madre, per volgersi a DonnâAnna.) No! â Morto? â E come? lei â No! Non è possibile! Oh Dio, (con le mani tra i capelli): il sogno che ho fatto! (Smarrendosi e guardandosi attorno): Morto? â Ditemelo! Ditemelo!
      FRANCESCA. Sono giĂ tanti giorni, figlia â
      LUCIA. Tanti giorni? (A DonnâAnna): â che è morto? â E lei â come? â perchĂŠ non me lâha detto? Comâè morto? come?â Ah Dio, lĂ dove ho dormito? E mi ha fatto dormire lĂ ?(DonnâAnna è intenta, come unâimmagine sepolcrale.) â Lâho voluto io; ma lei… â come? â ÂŤI fioriÂť ⠍è partitoÂť â ÂŤqueste sono le sue stanzeÂť â ÂŤnon so dovâè â E io lâho sognato, che non poteva piĂš ritornare, tanto lontano se nâera andato; â lo vedevo, cosĂŹ lontano, con un viso da morto â il suo viso! il suo viso! â Ah Dio! ah Dio! â (E romperĂ in pianto, perdutamente.) Per non farmi piĂš pensare che se non lâavevo trovato qua ad aspettarmi, come doveva â eh sĂŹ, questo soltanto doveva essere accaduto, che fosse morto! E non lâho compreso, perchĂŠ lei â(si rizzerĂ dal pianto, lo stupore vincendo ora il dolore): â ma come ha fatto? comâha potuto fare? â per me? â ed egli è morto anche a lei â è incredibile! â me nâha parlato come se fosse vivo!
      DONNâANNA (guardando lontano). Lo vedo â
      LUCIA (stordita). â che è morto? â e non le è morto qua sotto gli occhi?â
      DONNâANNA. â no: ora â
      LUCIA. â come, ora? â
      DONNâANNA. â ora lo vedo morire.
      LUCIA. Come? Che dice? (DonnâAnna si coprirĂ il volto con le mani. E allora ella griderĂ ):Io lo sapevo, lo sapevo che sarebbe morto! Non avevo voluto crederci! Me lo disse lui stesso, quando partĂŹ, che sarebbe venuto qua a morire!
      DONNâANNA (scoprendo il volto). E io non lo vidi.
      LUCIA. Lo vidi io! Moriva, moriva, da anni; gli sâerano spenti gli occhi; era giĂ come morto quando partĂŹ! CosĂŹ pallido lo vidi, cosĂŹ pallido, cosĂŹ misero lo vidi, che lo compresi subito che sarebbe morto!
      DONNâANNA. Misero, sĂŹ â gli occhi spenti, sĂŹ â e diventato cosĂŹ â cangiato, cangiato cosĂŹ â ora lo vedo â per te, sĂŹ, figlia! (Attirandola a sĂŠ, come per una spaventoso brivido, che di schianto la spetrerĂ ): Oh figlia! â qua su la tua carne â ora sĂŹ â me lo vedo morire â ne sento il freddo ora qua, qua al caldo di queste tue lagrime! â Tu me lo fai vedere, come sâera ridotto ora! Non lo vedevo! Non avevo potuto piangerlo, perchĂŠ non lo vedevo! â Ora lo vedo! ora lo vedo!
      LUCIA (che si sarà a poco a poco sciolta da lei, e rattratta, come raccapricciata, presso la madre). Oh Dio, che dice? che dice?
      DONNâANNA (sola). Figlio mio! â le tue carni! â te ne sei andato cosĂŹ â misero, misero! E io… io tâimbalsamavo â vivo! â vivo tâimbalsamavo â come non eri piĂš, come non potevi piĂš essere â con quei tuoi capelli e quegli occhi che avevi perduti, che non ti potevano piĂš ridere! E perchĂŠ non ti potevano piĂš ridere, non te li ho riconosciuti! â E come, allora? Fuori della tua vita ti volevo far vivere? fuori della vita che tâaveva consumato â povera, povera carne mia che non ho vista piĂš! che non vedrò piĂš! â Dove sei? (Si volgerĂ a cercare intorno): â dove sei?
      LUCIA (accorrendo). Qua, mamma!
      DONNâANNA (restando un attimo). â Tu? (Poi con un grido): â Ah, sĂŹ! (LâabbraccerĂ freneticamente): â Non te lo portar via! Non te nâandare! non te nâandare!
      LUCIA. No, non me nâandrò! non me nâandrò, mamma! non me nâandrò!
      FRANCESCA. Come non te nâandrai? Che dici? Tu te ne verrai via, subito, con me!
      DONNâANNA. No! Me la lasci, signora! è mia! è mia! me la lasci! me la lasci!
      FRANCESCA. Ma lei è pazza, signora!
      DONNâANNA. Pensi che è troppo, è troppo quello che mâha fatto! (E subito, carezzevole a Lucia): â No, no â sai? â non te ne fo colpa! â Sono la tua madre!
      FRANCESCA. Ma vuole che lasci me per lei? E i suoi figli? (A Lucia): â Hai i tuoi bambini! Li vuoi abbandonare, per restare qua con nessuno?
      DONNâANNA (insorgendo). Ma ne avrĂ un altro qua, che non potrĂ dare lĂ a chi non appartiene!
      FRANCESCA (violenta). Signora, ma si fa coscienza lei di quello che dice?
      LUCIA. E tu, di quello che io farei? ti fai coscienza?
      DONNâANNA (subito abbattendosi). No, no: tua madre ha ragione, figlia! Ha capito che io lo dico per me â per me non per quello! â Divento misera, misera anchâio! â Ma è perchĂŠ muojo anchâio, ora, vedi? â SĂŹ, appena ti nascerĂ questo che ti porti via lontano; appena gliela darai tu, di nuovo, la vita â lĂ â fuori di te! â Vedi? Vedi? Sarai tu la madre allora; non piĂš io! Non tornerĂ piĂš nessuno a me qua! Ă finita! Lo riavrai tu, lĂ , mio figlio â piccolo comâera â mio â con quei suoi capelli dâoro e quegli occhi ridenti â comâera â sarĂ tuo; non piĂš mio! Tu, tu la madre, non piĂš io! E io ora, muojo, muojo veramente qua. Oh Dio! oh Dio! (E piangerĂ , piangerĂ come non avrĂ mai pianto, tra lâaccorato sbigottimento dellâaltra madre e della figlia. A poco a poco si ripiglierĂ dal pianto, ma diventando man mano quasi opaca, quasi spenta infine): Ma sĂŹ, ma sĂŹ… â Basta, basta. Se è per me, no! no! non voglio piangere! Basta! (Lunghissima pausa. Poi alzandosi, verrĂ a Lucia e carezzandola): Vai, vai, figlia, â vai nella tua vita â a consumare anche te â povera carne macerata anche tu. â La morte è ben questa. â E ormai basta. â Non ci pensiamo piĂš. â Ecco; pensiamo â pensiamo, qua, ora, a tua madre piuttosto â che sarĂ stanca.
      FRANCESCA. No, no â io voglio subito, subito ripartire!
      DONNâANNA. Eh, subito non potrĂ , signora. Si deve aspettare. Passa tardi di qua il treno di Pisa. AvrĂ , avrĂ tutto il tempo di riposarsi. â E tu, figliuola mia â
      LUCIA. No, no â io non partirò â non partirò â rimarrò qua con lei, io!
      FRANCESCA. Tu partirai! Te lo dice lei stessa!
      DONNâANNA. Qua non câè piĂš nulla per te.
      FRANCESCA. E i tuoi bambini tâaspettano! E bisogna far presto!
      LUCIA. Ma lĂ , io non torno! non torno, sai! â Non è piĂš possibile per me! â Non posso! Non posso e non voglio! Come vuoi che faccia piĂš, ormai?
      DONNâANNA. E io, qua? â Ă ben questa la morte, figlia â Cose da fare, si voglia o non si voglia â e cose da dire… â Ora, un orario da consultare â poi, la vettura per la stazione â viaggiare… â Siamo i poveri morti affaccendati. â Martoriarsi â consolarsi â quietarsi. â Ă ben questa la morte.
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1923 – La vita che ti diedi – Tragedia in tre atti
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