1919 – L’innesto – Commedia in tre atti

E ancora una volta la vittoria dell’illusione e dell’illogicità, unica medicina ai mali umani? Al contrario l’impressione che resta è proprio quella del trionfo dell’amore, che, forte della sua grandezza, è in grado di superare ogni ostacolo.

FONTE  Novelle «Scialle nero» (1904) e «L’altro figlio» (1905)
STESURA settembre – ottobre 1917
PRIMA RAPPRESENTAZIONE 29 gennaio 1919 – Milano, Teatro Manzoni, Compagnia di Virginio Talli.

Approfondimenti nel sito:
Sezione Novelle – Scialle nero
Sezione Novelle – L’altro figlio

En Español – El injerto

Premessa e articolo di Antonio Gramsci
Personaggi, Atto Primo
Atto Secondo
Atto Terzo

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Compagnia Teatrale “Volti dal Kaos”, L’innesto, 2016. Immagine dal Web.

L’innesto – Premessa e articolo di Antonio Gramsci

Premessa

        L’innesto è una commedia in tre atti. Se ne fa risalire la stesura al settembre-ottobre 1917. Fu rappresentata per la prima volta da Virgilio Talli al teatro Manzoni di Milano il 29 gennaio del 1919, protagonista Maria Melato; nel 1922 fu pubblicata dai Fratelli Treves. Deriva dalle novelle Scialle nero, dell’omonima raccolta, e L’altro figlio della raccolta In silenzio.

        Tutta la problematica della commedia, che si svolge a Roma e a Monteporzio, si concentra intorno alla violenza subita da Laura, a opera di un bruto, con un’approfondita analisi dei sentimenti e delle reazioni che il fatto orribile ha suscitato nell’animo della donna e di suo marito Giorgio.

        La donna reagisce dedicando con slancio tutto il suo amore al marito; l’uomo, tormentato, vive in un doloroso contrasto tra ragione e sentimento. In lui prevale la coscienza dell’offesa patita, che lo spinge a non accettare l’idea di una sua paternità: per quel nascituro che gli è estraneo prova soltanto istintiva repulsione. E non comprende assolutamente l’intenzione della moglie di cancellare il ricordo di quell’avvenimento brutale con la forza del loro amore, che potrà dare significato anche alla nascita del bambino. Ritiene quasi un espediente l’amore che la moglie ancora gli offre, quasi un inganno per costringerlo ad accettare un figlio non suo.

        Ma Giorgio riuscirà finalmente a capire tutto il suo amore per Laura, nel momento in cui sta per perderlo, nel momento in cui la moglie, disperata, si accinge ad andarsene per sempre. La ragione cede al sentimento; egli passa da uno stato non autentico di oscura rivalsa nei confronti della vita, a un sentimento autentico che gli rivela l’intensità e la spontaneità dell’amore della moglie. Ne percepisce la purissima totale dedizione di cui egli è ed è stato sempre l’unico a godere; e in forza di questo amore profondo e vivo sempre e solo a lui dedicato, egli avverte, come in un miracolo, che anche il figlio che Laura porta in grembo gli appartiene.

        E ancora una volta la vittoria dell’illusione e dell’illogicità, unica medicina ai mali umani? Al contrario l’impressione che resta è proprio quella del trionfo dell’amore, che, forte della sua grandezza, è in grado di superare ogni ostacolo.

        Silvio D’Amico ne L’idea Nazionale, Roma 23 maggio 1919, ci conforta su questo giudizio: «In realtà (Pirandello) questa volta ci ha dato un vero dramma; dove, pur rimanendo nella sua acre casistica prediletta, ogni com­piacenza di deformazioni grottescamente spasmodiche è stata abbandonata, il dolore è dolore e vien presentato come tale, superato e vinto soltanto da un atto d’amore…».

Articolo di Antonio Gramsci
«L’innesto» di Pirandello al Carignano
da L’Avanti! del 29 marzo 1919

Esiste nell’arte del giardinaggio una forma di innesto che si pratica nel mese d’agosto e si chiama innesto a occhi chiusi. La pianta accoglie «amorosamente» il tallo, col quale la mano rude ma esperta del villano la violenta, lo assimila al suo amore, al suo desiderio di frutto, lo accoglie a «occhi chiusi», nutrendolo della sua follia, di tutta la sua vita che aspira alla maternità, alla creazione di nuove vite. Chi domanderà alla innocente pianta l’origine legittima della sua fecondità? Anche la signora Laura Banti è una sterile pianta, violentemente aggredita da uno sconosciuto villano, la quale ha ricevuto a «occhi chiusi» il germe vitale che la renderà madre, e lo ha assimilato alla sua vita, al suo amore, e lo ha nutrito di tutto il suo spirito, del quale è essenziale parte lo spirito, l’amore e il corpo fisico del consorte legittimo. Solo che questo legittimo e ben individuato consorte ha i suoi scrupoli e la sua suscettibilità e la sua volontà che sono due con quelli della moglie e non solo uno come nello stesso fiore sterile il pistillo e il gineceo che compiono il rito fecondatore senza nulla generare.

Come venga superato lo stato d’animo di Giorgio Banti, come Giorgio Banti finisca col dividere la follia amorosa di sua moglie e accettare per suo (credere suo) il figlio nascituro, dovrebbe essere argomento di questi tre atti del Pirandello.Il quale non ha voluto e non ha osato affrontare apertamente la concezione elementare della commedia: un figlio è solo fisica generazione, mero prodotto di un accoppiamento casuale, oppure è amore essenzialmente, nuova vita che scocca dalla fusione intima permanente di due vite? e ha irrigidito un’azione, ricca di umanità e di liricità, intorno a una fredda metafora da giardinaggio, e ha finito col credere un po’ anch’eg1i, all’accostamento artificiale tra gli uomini e le piante e ha presentato questo problema sessuale, che poi fondamentale nella vita degli uomini, avvolgendolo . una artificiosa bambagia di dialogo a mezzi termini, ad accenni, a furtività sentimentali, accatastando tre gradi di vita in cui il problema si presenta (la pianta, una rozza villanella e la spirituale signora Banti), quasi non sapesse come esprimere al pubblico e come organare in atto la concezione che pure era chiara nella sua fantasia.

Sono stentati i tre atti, prolissi nella loro secchezza e congestione. L’argomento è posto, ma non vivificato, la passione e la follia sono presupposte, ma non rappresentate. Il Pirandello non ha neppure realizzato una di quelle sue «conversazioni» drammatiche, che se non conteranno molto nella storia dell’arte, avranno invece molta parte nella storia della cultura italiana.

Antonio Gramsci – (29 marzo 1919) L’innesto

1919 – L’innesto – Commedia in tre atti
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Personaggi, Atto Primo
Atto Secondo
Atto Terzo

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