Il libro di Enza Del Tedesco pone la questione con forza: è il primo – il romanzo – a sviluppare una riflessione su un dato di fatto che suscita perplessitĂ e sollecita interrogativi, o la seconda – la nazione – a mettere alla prova l’intelligenza di una narrazione che fatica a tenere insieme una costellazione di esperienze statuali, di tradizioni culturali e civili, di identitĂ popolari, che avevano certamente delle buone ragioni per unirsi, ma che nell’esperienza della convivenza scoprono anche, forse soprattutto, quanto ancora li divide non senza sofferenza?
Enza Del Tedesco
Il romanzo della nazione
Da Pirandello a Nievo: cinquant’anni di disincanto
Marsilio Editori – 2013 – pp. 280
Prezzo di copertina Euro 27,00
Il romanzo della nazione o la nazione del romanzo.
Il libro di Enza Del Tedesco pone la questione con forza: è il primo – il romanzo – a sviluppare una riflessione su un dato di fatto che suscita perplessitĂ e sollecita interrogativi, o la seconda – la nazione – a mettere alla prova l’intelligenza di una narrazione che fatica a tenere insieme una costellazione di esperienze statuali, di tradizioni culturali e civili, di identitĂ popolari, che avevano certamente delle buone ragioni per unirsi, ma che nell’esperienza della convivenza scoprono anche, forse soprattutto, quanto ancora li divide non senza sofferenza?
Partendo dalla conclusione, dal racconto cioè di una nazione che non c’è, la studiosa ricostruisce la storia del romanzo della nazione all’incontrario: da Pirandello a Nievo, risalendo da I vecchi e i giovani, estremo bilancio di una patria impotente e delusa, sino al progetto, al sogno, del giovane Ippolito, che racconta la metamorfosi del veneziano in italiano, incontrando lungo il tragitto De Roberto, Verga, gli scapigliati e quanti altri mai, tutti testimoni della difficoltĂ di raccontare una nazione che deve trasformare le proprie parti in un tutt’uno e, quindi, rassegnati a documentare la propria inconsolabile delusione.
Il romanzo della nazione che non c’è smentisce la pretesa di chi, fatta l’Italia, voleva fare gli italiani, letteralmente capovolgendola nel suo contrario: gli italiani, che pure c’erano, sarebbero mai riusciti a fare l’Italia, nonostante le divisioni di classe, di educazione, di costumi, di dialetti?
Risalendo a ritroso dallo scacco primonovecentesco sino agli entusiasmi risorgimentali si vede bene dove i narratori si sono smarriti, confusi dagli accadimenti della storia, dai tranelli dell’ideologia, dall’ambiguitĂ delle loro stesse poetiche. Insomma, il romanzo della nazione che c’è non è ancora stato scritto e qualcuno prima o poi dovrĂ pur impegnarsi a farlo.
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