29. Cargiore

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Cargiore

29. Cargiore

Da La Riviera Ligure, febbraio 1903, n. 46.

I

Verde pianoro, tutt’intorno cinto
da le Prealpi; borghicciuol romito,
sparso a gruppi qua e lĂ , come dipinto:
dolce, ne la memoria, e mesto invito!

Tutto pieno di fremiti è il silenzio
di quelle verdi alture: acuti, esigui
di grilli fritinnĂ­i, risi di rivoli
per le zanelle a piè de’ prati irrigui.….

Oh festa d’acqua che corre, s’affretta,
si rompe in cascatelle e si raccoglie
per giungere a quel campo che l’aspetta,
dove par che la chiamino le foglie!

 

II

VerrĂ  tra poco, senza fin, la neve,
e case e prati, tutto sarĂ  bianco,
il tetto e il campanil di questa pieve,
donde ora, all’alba, qual dal chiuso un branco
di pecorelle, escono per due porte
le borghigiane, ed hanno il damo a fianco.
Hanno pensato all’anima, alla morte,
(qua presso è il cimiter pieno di croci);
le riprende or la vita, e parlan forte,
liete di riudir le loro voci
nell’aria nuova del festivo giorno,
tra i rivoli che corrono veloci,
tra i prati che verdeggiano d’intorno.

III

Solenne incanto, attonita quiete!
E tu la maga sei di queste liete
e sempre verdi alture, errante Luna.
Ignote son quassĂş de la fortuna
le veci. I prati di silenzio inondi;
par quasi che il silenzio si raffondi
nel tempo, e notti assai remote io penso
da te vegliate come questa, e un senso
arcano acquista a gli occhi miei la pace.
Cantano, intanto, come la fugace
gioja le ispira, alcune donne a coro,
nel chiaror blando, ed una, ecco, fra loro
fa tenor con la rustica minugia.
Solo sul prato prossimo s’indugia
un contadin: gli sento ad ora ad ora
la falce raffilare. Ancor lavora,
solingo, sotto il cheto lume pieno:

guizza a tratti la falce in mezzo al fieno.


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