03. La fune

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La fune

03. La fune

Dalla Nuova Antologia, 1° dicembre 1934. Già pubblicata nell’Ariel.….

Mastri funaj, faccenda curïosa
la vostra: andar cosí sempre all’indietro,

con quella fune che da la callosa
mano vi nasce; e non mutar mai metro.

Però, a pensarci, tutti quanti poi,
mordano i soli, piangano le lune,

modo diverso non teniam da voi:
facciam la vita come voi la fune.

La ruota, onde s’attorce il non sicuro
fil che ci regge, è sempre nel passato;

e con le spalle andiam verso il futuro,
se nulla mai di antiveder ci è dato.

Mastri funaj, rapida troppo gira
la ruota mia, troppo s’attorce questa

mia fune e troppo la mia man la tira.
Ne faccio un cappio e vi caccio la testa.


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Noto soprattutto per le numerose e caratteristiche novelle, le singolari opere teatrali e gli altrettanto peculiari romanzi, Pirandello, agli albori della sua carriera, fu anche poeta. Un poeta che, nonostante fosse solo agli inizi, lasciava già intravedere chiare tracce non solo del suo inconfondibile stile, ma soprattutto della sua particolare visione del mondo e della natura umana. Nel 1960 vennero per la prima volta pubblicate in un’unica raccolta tutte le opere poetiche dell’autore, accompagnate da testi inediti pazientemente ricercati e recuperati fra i numerosi scritti sparsi. L’amore ed i rapporti fra uomo e donna, tematiche chiave in Pirandello, spesso trasfigurate da ambientazioni irreali e mitiche, mostrano già quelle lacerazioni e contraddizioni che col tempo diventeranno segni distintivi dell’intera opera pirandelliana. Basti pensare al titolo della prima raccolta poetica dell’autore, Mal giocondo, ossimoro che, dietro l’apparente scherzo nell’accostare due termini così dissimili, quasi a volersi burlare del lettore, anticipa le antinomie e incoerenze che saranno parte integrante delle successive opere teatrali e dei romanzi.

Amore e odio, quindi, ma anche beltà e tristezza, giovinezza e vecchiaia, ricchezza e povertà: sentimenti forti e contrastanti, che sembrano prendere vita ed uscire dai versi con irruenza, per rispecchiarsi in ogni animo umano.
Ma vi traspare anche la sfiducia tipicamente pirandelliana nei confronti della società e della classe dirigente, soprattutto nel delicato momento storico che Pirandello si trova a vivere, subito dopo l’unità d’Italia (1870), e che si riflette nelle efficaci e forti immagini della folla romana, descritta con spietata ironia nei suoi aspetti più negativi, peccaminosi e lascivi.

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